L’Unitre dei 5 Reali Siti incontra Quella di Andria presso Ordona

A cura di Annito di Pietro.

Alle porte di Ordona sorgeva l’antica città di Herdonia, le cui prime tracce di occupazione risalgono al Neolitico (VI-V millennio a.C.). Il villaggio fu uno dei principali luoghi di produzione della ceramica geometrica dauna.

Herdonia divenne municipio romano, assumendo l’architettura tipica del foro con la basilica civile, l’anfiteatro, il mercato (macellum), le terme, le botteghe (tabernae) e i numerosi magazzini adibiti alla conservazione del grano. La città conobbe la sua massima fase di sviluppo e prosperità in età imperiale, grazie alla costruzione della via Traiana (che soppiantò la via Minucia) e della successiva via Herdonitana.

L’abbandono del villaggio è attestato durante il XV secolo circa. Solo tra il XVII e XVIII si sviluppò grazie alla presenza e al lavoro dei Gesuiti, entrando poi a far parte dei Cinque Reali Siti. Solo nel 1962, Joseph Mertens riscoprì il villaggio perduto.

È proprio qui, a Ordona, in questa atmosfera suggestiva, che si è svolto, il primo aprile, l’incontro tra i membri dell’UNITRE dei Reali Siti e quelli dell’UNITRE di Andria. L’iniziativa è stata pensata e organizzata dal presidente Annito Di Pietro in collaborazione con la presidente dell’Unitre di Andria, la professoressa Maria Rosaria Inversi.

Tutto è iniziato con l’accoglienza, presso il Municipio di Ordona, degli amici di Andria, intorno alle ore 15:00, seguita da un interessante e proficuo confronto circa programmi e obiettivi delle due associazioni. In sèguito tutti i convitati hanno raggiunto la Parrocchia di San Leone, dove attendeva il parroco don Silvio Pellegrino, persona squisita che ha accolto gli ospiti con il sorriso e con estrema cordialità.

Alle ore 15:30 è iniziata la Via Crucis, al termine della quale il parroco ha benedetto il pane azimo e offerto le palme ai presenti. La Santa Messa è stata cantata dalla corale dell’Unitre dei Cinque Reali Siti, la cui esibizione ha riscontrato un grande successo, meritando applausi e congratulazioni dagli astanti.

All’uscita dalla Chiesa, c’era la sindaca di Ordona, l’avvocata Adalgisa Latorre, che ha invitato gli ospiti a seguirla per un’uscita panoramica, durante la quale ha annunciato che l’antico palazzo Formoso, ora ristrutturato, sarà la sede della Cultura, di mostre, incontri e rassegne artistiche in generale. Si è proseguito visitando il nuovo Comune con la sua bella piazza.

Gli ospiti hanno apprezzato e ammirato il paese, sorpresi dalla gentilezza e della disponibilità della sindaca. Successivamente si è giunti al Museo Civico, dove attendevano due guide, che hanno saputo illustrare con chiarezza il percorso proposto dalla visita museale.

Tra le associazioni e la sindaca ci sono stati scambi di doni e guidoncini, con ringraziamenti sinceri. In sèguito l’amministrazione comunale ha offerto un ricco buffet, con gioia e consolazione dei presenti. Si è trattato di un pomeriggio all’insegna della Cultura e dello scambio, del dialogo e della convivialità, in cui è stato bello constatare la partecipazione attiva di tutti i presenti.

Serate come queste favoriscono la conoscenza del nostro territorio e, in questo caso, di una cittadina, Ordona, che si avvia a percorrere temi culturali di grande interesse. Solo organizzando eventi come questo, è possibile creare legami tra le cittadine del nostro territorio affinché lavorino in sinergia per una vera rinascita culturale dei Reali Siti.

È necessario fare un’ultima riflessione sulla Corale dell’Unitre dei 5 Reali Siti: dopo poco più di un anno, il progetto va delineandosi sempre meglio, avviandosi verso una sua completa e più stabile organizzazione. Si stanno raccogliendo già i primi frutti, evidenti da applausi e riconoscimenti avuti nel corso del tempo.

Tutto ciò è chiaramente merito dei maestri che guidano il progetto, Adriana Torraco e Loredana Maffei, con la collaborazione di Franco Sebastiani. Auguriamoci che tutto questo continui nel tempo.

Unitré 5 Reali Siti, Autentico Patrimonio di Cultura e Accademia di Umanità

A cura della dr.ssa Rina di Giorgio Cavaliere.

Numerosi anni di lavoro stanno dietro le spalle della vita della nostra Sede Unitré, che ormai si è collocata con puntualità di servizio all’interno della società civile e della comunità ecclesiale. Ricordo brevemente che nel 2000 ho accettato l’incarico di Presidente dell’Unitré di Foggia e nel 2007 ho accompagnato la nascita della sezione di Orta Nova, divenuta nel 2010 sede Unitré “Unione dei 5 Reali Siti” da me presieduta sino a fine mandato del 2021.

Da responsabile ho dovuto affrontare decisioni difficili, che richiedevano molteplici competenze, sempre coadiuvata dal vicepresidente Annito Di Pietro (oggi con l’incarico di Presidente) e da altri validi componenti il Direttivo, avvicendatisi nel corso degli anni a beneficio dell’equilibrato rapporto interpersonale e della conseguente organizzazione.

Proprio la rivisitazione dei tanti progetti attuati nel tempo rievoca gli appuntamenti realizzati, i problemi individuati, le soluzioni proposte, le difficoltà approfondite, in più offre anche l’opportunità del giudizio autocritico.

Quest’anno segna un piccolo giro di boa nella storia della sede entrata nel RUNTS (Registro Nazionale del Terzo Settore) e, di conseguenza, apre all’insegna della volontà di una presenza ancor più operosa sull’orizzonte ampio e articolato della realtà territoriale.

Sin dagli anni ’70 le Università della Terza Età e successivamente l’Unitré hanno perseguito due importanti obiettivi che rappresentano un grande patrimonio, motore di sviluppo individuale e del territorio: quello della cultura, prerogativa dei docenti e quello dell’Accademia di umanità, prerogativa degli studenti.

Questi ultimi non utenti passivi, ma associati partecipano alla vita attiva della loro sede attraverso la frequenza ai corsi, l’interesse al sociale e al territorio. Lo Stato italiano, accogliendo il concetto di formazione lungo tutto l’arco della vita, con le direttive dell’Unione europea, che ha proclamato il 2012 anno dell’invecchiamento attivo e della solidarietà delle generazioni, favorisce la formazione culturale permanente e continua, riconoscendo alle Università della Terza Età un ruolo strategico all’interno delle politiche sociali.

L’educazione permanente è uno dei tratti più sperabili del futuro socio pedagogico dal quale siamo attesi e l’Unitré rappresenta una caratteristica dilatazione del principio dell’apprendimento come potenzialità continua della personalità.

Per crescere e maturare nella personalità abbiamo bisogno di “spazio”, di prendere contatto con la natura, gli oggetti, le persone. Esiste uno spazio formato dalla famiglia e dalla casa (spazio privato). Esiste inoltre uno spazio nel quale l’uso dei beni che vi si trovano è regolato da leggi da rispettare (spazio di relazione), ci mette a contatto con altre persone e con ogni genere di beni materiali.

Il processo di trasformazione attuato in questi anni ha soprattutto ampliato e arricchito gli spazi di partecipazione alla vita sociale, ma, nel contempo, gli stessi sono puntualmente documentati dalla solitudine dell’uomo nella società del benessere e dal distacco fra le generazioni.

L’Unitré affronta il problema della comunicazione intergenerazionale ed è un progetto di vita che dona, in particolare alla terza età, la gioia di ritornare ad essere protagonista. Nel suo logo la “U” stilizzata e la cifra romana “III” accanto alla lettera “E” stanno a significare Universalità, Umanità, Umiltà e Unione di Tre Età.

Il convegno di domenica 16 aprile, presso la Casa di accoglienza “Oasi di Betania” nel territorio di Lucera, nasce dal desiderio di un colloquio aggiornato, dalla volontà di un servizio che documenti con agilità e ampiezza la speranza di acquisire insieme più costruttivi orientamenti.

Secondo consuetudine, il programma è rimasto inalterato: alle ore 9 l’accoglienza, alle 9,30 il saluto del presidente Annito Di Pietro e quello del sacerdote don Giovanni Mace. Nella relazione introduttiva ai lavori mi sono soffermata sulle prerogative, la filosofia e le finalità dell’educare, formare, informare, fare prevenzione nell’ottica di un’educazione permanente, ricorrente, rinnovata e di un invecchiamento attivo.

Inoltre, come promuovere la ricerca, aprirsi al sociale e al territorio, operare un confronto e una sintesitra le culture delle precedenti generazioni e quella attuale al fine di realizzare un’Accademia di umanità che evidenzi l’essere oltre che il sapere.

Gli interventi organizzativi dei presidenti di Lucera, Giuseppe Lembo, di Andria, Maria Rosaria Inversi, di Sannicandro G., Rosa Ricciotti, degli insegnanti e studenti, nella loro qualità innovativa, hanno sottolineato l’importanza della frequenza all’Unitré, che rigenera le relazioni, promuove condivisione e mutualità.

Alle ore 12,30 il folto gruppo dei presenti ha partecipato alla S. Messa, celebrata da don Giovanni Mace, accompagnata dal coro “Unitré dei 5 Reali Siti” diretto da Loredana Maffei e Adriana Torraco. L’incontro conviviale del pranzo è avvenuto in un clima di serena armonia e amicizia.

Alle ore 16,00 si è svolto il concerto della Corale e di seguito il ballo di gruppo e ginnastica presentato dall’insegnante Antonella Cassanelli. La toccante declamazione di poesie da parte di Adelina Tarantino, Annito Di Pietro, Ripalta Guerrieri e Savino Luce ha portato a felice compimento la giornata.

Pres. Annito di Pietro, L’Associazionismo dei 5 Reali Siti

A cura del Pres. Annito di Pietro.

L’argomento cultura è stato più volte trattato dal sottoscritto e affrontarlo continua a essere molto arduo. La cultura di un popolo, si sa, è l’insieme delle sue tradizioni, del sapere scientifico, letterario e storico. Raccontare, descrivere e fare l’analisi in questo campo è avventuroso e difficile, soprattutto per il nostro territorio.

Cercherò nel modo migliore di consegnare alla stampa le mie riflessioni a riguardo. Un noto ministro della Repubblica Italiana pronunciò una frase rimasta famosa a tutti noi: “Con la cultura non si mangia”. Probabilmente è vero. Prima di tutto bisogna dire che il nostro è un paese relativamente giovane.

Per delineare la sua identità storica, per scoprirne le radici e le caratteristiche che ne hanno segnato lo sviluppo sociale e culturale dobbiamo partire dall’inizio del XVII secolo, quando il vasto territorio di Orta fu acquistato dai Gesuiti che edificarono il convento e la Chiesa di S. Maria delle Grazie con attorno il primo nucleo di abitanti.

Se vogliamo, però, datare con più precisione la nascita di Orta, dobbiamo risalire al 1769, quando i Gesuiti vennero espulsi dal Regno di Napoli e i lori possedimenti annessi al patrimonio della Corona. Pochi anni dopo, nel 1774, sul consiglio del ministro Bernardo Tanucci, il re Ferdinando IV vi insediò cinque colonie: Orta, Stornara, Stornarella, Ordona e Carapelle, i cosiddetti Cinque Reali Siti.

Quattrocentodieci braccianti nullatenenti (dei quali centocinque destinati a Orta), provenienti da una ventina di comuni del Nord barese nonché dell’Appennino Dauno, del Gargano, degli Abruzzi, e dell’Irpinia, andarono a popolare questi nuovi centri. Si tratta di popolazioni con culture diverse che hanno influenzato e dato vita al dialetto ortese, a tradizioni e a modi di comportarsi.

Possiamo definire Orta un paese interclassista, interculturale, accogliente e ospitale. Tutto questo continua tutt’ora con l’immigrazione che si contrappone a una continua emigrazione verso il Nord Italia e l’estero per ragioni di lavoro. Il 14 giugno 1806 Giuseppe Bonaparte innalzava Orta a rango di Comune.

Negli anni cinquanta e sessanta del Novecento la frenesia del nuovo condusse le varie amministrazioni comunali e le varie autorità, anche ecclesiastiche, a trasformare l’architettura dell’antica Orta, demolendo la suggestiva chiesa gesuitica, il vecchio municipio, il vecchio carcere, il vecchio borgo con la relativa piazzetta che si raggiungeva attraversando un arco storico di epoca romantica su cui si ergeva un antico palazzo.

Alla luce dei fatti possiamo affermare che, mi dispiace dirlo, è mancato l’amore e il rispetto per ciò che i nostri avi ci avevano tramandato. Per non parlare, poi, delle nostre tradizioni religiose che sono state assai ridotte, se non addirittura cancellate. Tutto questo ha modificato e falsato il nostro modo di essere, la nostra cultura.

Ad ogni modo, a tutte queste negatività si contrappone la presenza di molte associazioni culturali che rappresentano il fiore all’occhiello della nostra città: l’associazione “Studi Storici dei Cinque Reali Siti”, quella de “L’Ortese”, “l’Unitre”, la “Pro Loco”, il circolo “Agorà”. Queste associazioni svolgono attività meritorie tanto da ricevere gratiticazioni e riconoscimenti da parte delle autorità locali.

Una delle più antiche, e forse la prima, è l’associazione culturale “Studi Storici dei Cinque Reali Siti”, nata intorno agli anni sessanta del Novecento e attualmente presieduta dalla sig.ra Antonietta De Leo. Bisogna ricordare, inoltre, la figura di Michele Fabbiano, venuto a mancare recentemente, che con il suo impegno ha dato lustro e vigore all’associazione con la formazione di una discreta biblioteca di libri antichi e oggetti vari.

L’associazione della “Pro Loco” si va distinguendo negli anni e, con alterna fortuna, presenta varie iniziative come il carnevale dei bambini e il falò dell’Immacolata, seguite con entusiasmo dalla popolazione ortese e in particolar modo dai bambini. Le attività parrocchiali non sono da meno e, in vari modi, contribuiscono all’arricchimento culturale dei propri parrocchiani. Don Ignazio Pedone, ex-parroco del SS. Crocifisso, con la collaborazione di molti giovani, ha dato vita durante la Settimana Santa a riti sacri, culminanti a sera con la rappresentazione teatrale “la Passione di Cristo”.

Il coinvolgimento della popolazione è sempre stata grande perché la messa in scena si svolge per le vie del paese. Anche la parrocchia di BVM Addolorata può vantare grandi eventi come la tradizionale festa patronale in onore di Sant’Antonio da Padova e la festa di tutti i santi, con l’annessa commemorazione dei defunti.

Ed ora mi sia concesso di parlare di due associazioni: l’associazione culturale “L’Ortese” e “l’Unitre dei 5 Reali Siti”. La prima nasce a Orta Nova nel 2003 per volere di un gruppo di professionisti che intendono raggiungere obiettivi culturali mediante incontri, presentazione di libri, dibattiti, mostre che mettano in vetrina gli ortesi e i loro meriti, ai più sconosciuti. La “Settimana della Cultura” è un evento in cui vengono presentate opere artistiche

(dipinti, sculture, fotogra?e) e letterarie. La suddetta associazione ha inoltre istituito un riconoscimento, “L’Ortese nel mondo”, denominato poi “Premio Carolina Pugliese” ora “Il Seminatore”, tramite cui si premiano le eccellenze dei Reali Siti, sparse nel mondo. Un soddisfacente successo ha riscosso, e continua a farlo, il periodico “Lo Sguardo sui Reali Siti” dove vengono riportati avvenimenti culturali e notizie di rilievo, racconti e curiosità sul nostro territorio.

Il progresso in campo scientifico e medico dona all’umanità una vita media allungata che potrebbe trasformarsi in un sentiero di solitudine, d’emarginazione e di non autosufficienza ma grazie alle iniziative dell’Unitre può essere vissuta in serenità: attraverso i frequenti incontri si generano relazioni, condivisioni di pensiero e punti di vista, oltre che di arricchimento culturale. In poche parole, come spesse volte è stato detto “L’Unitre insegna l’arte di invecchiare bene”.

Tutto questo è a difesa della reputazione del cittadino ortese, persona dignitosa, pacifica, accogliente, rispettosa e laboriosa contrariamente a quanto la carta stampata racconta. Un pensiero e qualche riflessione meritano le associazioni combattenti, come l’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia), l’ANCR (Associazione Nazionale Combattenti e Reduci) e l’A.N.F.C.D.G. (Associazione Nazionale Famiglie Caduti e Dispersi in Guerra).

In queste associazioni, con il passare degli anni, sono venuti meno i soci, portando queste realtà quasi alla scomparsa e la cosa risulta tangibile se si pensa all’assenza dei cittadini durante le manifestazioni e le ricorrenze a livello nazionale. Pertanto, prendo spunto da queste ri?essioni per invitare i figli, i nipoti, i pronipoti e i simpatizzanti ad autoconvocarsi e a far rinascere tali associazioni.

La mia rivista “Lo Sguardo” racconta la storia di tanti eroi ortesi, morti per difendere la Patria, allo scopo di creare attrazioni, convegni e iniziative per risvegliare l’amor patrio. Quando progetto iniziative di tal fatta, penso sempre ai più giovani, perché loro sono il futuro. I nostri eroi, i nostri fratelli caduti per la Patria, aspettano un risveglio dei cittadini ortesi per ricordarli e soprattutto non dimenticarli.

Con questa mia riflessione certo non voglio cancellare o omettere i pubblici fatti di cronaca avvenuti negli ultimi anni, ma è bene mostrare e parlare anche di un altro volto di Orta Nova, terra generosa, ricca di frutta, ortaggi, frumento e uva, nonché di tanti uomini, donne e giovani che rappresentano il fiore all’occhiello del nostro territorio. Tutto questo è fonte viva che dà e semina cultura per la nostra gente.

Memoria Storica, Ricordando le Foibe

A cura di Annito di Pietro.

Il giorno 10 febbraio alle ore 19.00, presso la Parrocchia BVM dell’Altomare, è stata celebrata una santa messa a ricordo delle vittime delle Foibe. Presenti autorità civili e militari, oltre alle associazioni del territorio.

L’assessore del Comune di Orta Nova, la dott.ssa Dora Pelullo, ha letto il discorso del Sindaco dott. Mimmo Lasorsa, assente per motivi istituzionali, che riportiamo integralmente: “Oggi, 10 febbraio, è il giorno del Ricordo delle vittime delle Foibe, è il giorno per conservare la memoria della tragedia a cui furono costrette decine di migliaia di famiglie nelle aree di confine orientale dell’Istria, di Fiume e delle coste Dalmat, e durante la seconda guerra mondiale e nell’immediato dopoguerra. Il genocidio dei giuliano-dalmati è una tragedia che per troppo
tempo l’Italia ha considerato una nota a piè pagina della storia del Novecento”.

È solo dopo molti anni, grazie anche al mutare degli assetti e degli equilibri internazionali, alla scomparsa delle grandi contrapposizioni ideologiche e alla caduta di molti pregiudizi culturali, insieme al lavoro paziente dei superstiti, delle loro associazioni, dei ricercatori e degli storici che si è potuto far luce sulla tragedia delle foibe, comprendere il dramma dell’esodo istriano, umano e dalmata e dare una dimensione pubblica, ufficiale e condivisa di una storia che oggi è parte del nostro patrimonio culturale, per quanto dolorosa.

Ed è sulla base di questa consapevolezza che, con la legge 92 del 2004, è stata istituita questa giornata
per conservare e rinnovare la memoria di ciò che non deve più accadere. La memoria è una risorsa preziosa perché e solo su unamemoria piena, condivisa, libera da censure e pregiudizi che può consolidarsi quel necessario
percorso di riconciliazione storica e culturale.

Questa pagina e tutte le altre pagine orrende e sanguinose della nostra storia sono collegate da un lo comune:
nazionalismo e guerra. Il nazionalismo, idea malsana di esaltazione del concetto di nazione; la guerra, atto
che porta a commettere violenze e vendette atroci nei confronti delle popolazioni scontte. Esattamente ciò
che è accaduta a quegli italiani che furono barbaramente uccisi.

Proprio per questo motivo, la storia deve inevitabilmente insegnarci qualcosa. È in questo caso che siamo chiamati a ripudiare ogni forma di violenza o di sopruso nei confronti dell’altro. Solo il questo modo potremo evitare che simili tragedie possano vericarsi nuovamente.

Orta Nova, una Caserma Moderna e Funzionale per i Carabinieri

“Ricordiamo il passato – a cura della Redazione.

Riportiamo integralmente un articolo della Gazzetta del Mezzogiorno del 14 gennaio 1976, “Orta Nova Una caserma moderna e funzionale per i CC”.

“La popolazione di Orta Nova si è stretta idealmente attorno ai “suoi” Carabinieri ed ha vissuto conessi una giornata che, senza alcuna retorica, si può definire destinata a segnare una “tappa” nella storia della comunità. Ci riferiamo a quella vissuta in occasione della cerimonia inaugurale della nuova caserma dell’Arma che ha visto la partecipazione di quasi tutti gli abitanti della cittadina dauna.

Una dimostrazione dunque di autentico affetto per l’Arma. La cerimonia è iniziata con l’accensione di una fiamma votiva e la deposizione di corone di alloro davanti al monumento ai Caduti di guerra: presenti
il prefetto dr. Latilla e il sindaco Zampini, le massime autorità militari della provincia, parlamentari, consiglieri regionali, i sindaci di Cerignola e Stornarella, le Giunte al completo dei Comuni di Orta Nova, Lesina, Carapelle con i rispettivi gonfaloni ed è proseguita in Via Kennedy con la Messa celebrata dall’Ordinario militare mons. Schierano e la benedizione della caserma intitolata al carabiniere di Lesina, medagli d’onore al valore militare Attilio Armando Lombardi, ucciso a Briosco (MI) nel tentativo di sventare una rapina ai danni di una banca di quella località.

È stata quindi consegnata al mar. Pasquale Cuconato, comandante della Stazione di Orta Nova la bandiera dell’Associazione nazionale Famiglie Caduti e Dispersi in Guerra; madrine Concetta Emilia Lombardi,
madre del carabiniere Caduto, e Adelina Tarantino, sorella del marinaio Celestino, disperso nell’affondamento del a corazzata “ESPERO” avvenuto nei giorni immediatamente successivi ai tragici eventi vericatisi dopo l’8 settembre 1943.

Nel corso della funzione religiosa è stato letto da mons. Schierano un telegramma fatto pervenire per l’occasione da Paolo VI e lo stesso Ordinario ha ricordato il signicato della manifestazione. A sua volta il sindaco Zampini ha ricordato come il Paese si sente sempre intimamente legato da sentimenti di gratitudine nei confronti degli appartenenti all’Arma per il loro spirito di sacricio e la loro dedizione al dovere.

Ha concluso infine il Ten. Col. Pisani, comandante del gruppo CC di Foggia, il quale ha avuto particolari
espressioni di omaggio nei riguardi della signora Lombardi per aver accettato di fare da madrina alla signicativa cerimonia e di apprezzamento per l’Amministrazione comunale e la popolazione di Orta Nova che, offrendo una
nuova caserma ai CC hanno inteso rafforzare più che mai i legàmi affettivi e di stima che da sempre legano popolo e Carabinieri.

 

Inaugurazione della nuova caserma CC.; da sinistra: I genitori del carabiniere Lombardi, Il sindaco di Ortanova, la “madrina”della bandiera signora Adelina Tarantino e il mar. Cuconato, comandante della Stazione”.

 

Erano presenti alla cerimonia, oltre alle personalità già citate, il Proc. della Repubblica Cafazzo, il vescovo della
Diocesi di Ascoli Satriano e Cerignola mons. Di Lieto, il comandante del Presidio militare di Foggia col. Monzutto, quello del 9 Art. col. Pizzutelli, il comandante dell’aeroporto di Amendola, il col. di P.S. Foscarini, il sen. Barbaro, l’on. De Leonardis, il questore Smecca, il v. pres. della Regione, Romano e dell’Assemblea, Augelli, l’assessore reg. Andretta, il presidente della Commissione reg. della sanità Zingrillo, il ten. col. della G.d.F. Fucile, il Provveditore agli Studi Capuano, il direttore della C.d.C. Marra, del Banco di Napoli Pepe, il comandante della Compagnia CC. di Foggia cap. Zito e del Nucleo investigativo cap. Perrone, il vice pretore
Larovere, il Conciliatore Spinelli, i Comandanti dei VV.UU. di Cerignola, Lesina e Orta Nova.”

Storia 5 Reali Siti, Prigionieri dei “5 Reali Siti” Caduti nel Naufragio del Piroscafo Oria

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A cura di Francesco di Corato.

Accade il 12 febbraio 1944.

La tomba dimenticata di 10 soldati prigionieri ortesi e dei 5 Reali Siti. Pochi sanno del naufragio del piroscafo
norvegese Oria e degli oltre 4000 militari italiani che vi hanno perso la vita.

1) Serg. Mag. Camarchio Sergio, 30/11/1911, Orta Nova, Qr Generale.
2) Covelli Cosimo, 31/10/1915, Orta Nova.
3) Sold. Di Pierro Francesco, 18/05/1915, Orta Nova, 50 Autorep. Auto.
4) Sold. Di Palma Cesare, 02/03/1911, Orta Nova 312 Btg. Carri Carr.
5) Sold. Lo Surdo Vincenzo, 28/07/1913, Orta Nova 1 Cp. Mitr.
6) Serg. Mazzilli Nicola, 09/02/1915, Orta Nova, 35 Rgpt. C. d’Arm. Art.
7) Sold. Papagno Francesco, 06/09/1913, Orta Nova, 265 Rgt. Ftr.
8) Sold. Prezioso Luigi, 17/12/1923, Orta Nova 35 Rgt. Art. Div. Fant.
9) Sold. Tabborino Giuseppe, 25/11/1912, Carapelle 9 Rgt. Ftr.
10) Sold. Triburzio Antonio, 26/10/1911 Stornara 9 Rgt. Ftr.

La nave di 2000 tonnellate, varata nel 1920, requisita dai tedeschi, salpò l’11 febbraio 1944 da Rodi alle 17,40 per il Pireo. A bordo più di 4000 prigionieri italiani che si erano rifiutati di aderire al nazismo o alla RSJ dopo l’Armistizio dell’8 settembre 1943, 90 tedeschi di guardia o di passaggio e l’equipaggio norvegese.

L’indomani, 12 febbraio, colto da una tempesta, il piroscafo affondò presso Capo Sounion, a 25 miglia dalla destinazione finale, dopo essersi incagliato nei bassi fondali prospicienti l’isola di Patroklos (in Italia erroneamente nota col nome di isola di Goidano).

I soccorsi, ostacolati dalle pessime condizioni meteo, consentirono di salvare solo 37 italiani, 6 tedeschi, un greco, 5 uomini dell’equipaggio, incluso il comandante Bearne Rasmussen e il primo ufficiale di macchina. L’Oria era stipata all’inverosimile, aveva anche un carico di bidoni di olio minerale e gomme da camion oltre ai nostri
soldati che dovevano essere trasferiti come forza lavoro nei lager del Terzo Reich.

Su quella carretta del mare, che all’inizio della guerra faceva rotta col Nord Africa, gli italiani in divisa che dissero no a Hitler e Mussolini vennero trattati peggio degli ignavi danteschi nella palude dello Stige: non erano prigionieri di guerra, di conseguenza senza i benefìci della Convenzione di Ginevra e dell’assistenza della Croce Rossa.

Allo stesso tempo, poi, il loro sacrificio fu ignorato per decenni. Riflettiamo per non Dimenticare. Non abbiamo imparato niente da questa immane tragedia se attualmente tra Russia e Ucraina si continuano a trattare i prigionieri alla stessa stregua degli IMI. Non è bastata un’apocalisse come la Seconda Guerra Mondiale per farci capire l’enorme sbaglio che stiamo ripetendo. E non bastavano gli accorati appelli delle madri che cercavano i propri figli prigionieri dispersi, con poche righe sui bollettini di guerra come ultima speranza per vederli tornare a casa.

Ma, per loro, non ci fu ritorno. Oggi ancora una volta, stiamo commettendo lo stesso sbaglio e la speranza che con queste ricerche si possa comprendere l’immane gravità di una situazione ciclica ripresentata oggi a distanza di circa 80 anni può essere di buon auspicio a chi in futuro, capirà cosa significa aver intrapreso una guerra.

 

5RS, I luoghi della cultura nei 5 Reali Siti

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di Alfonso Maria Palomba

Ho detto altrove come la cultura possa e debba diventare centrale nella prospettiva del futuro e nella visione politica dello sviluppo territoriale, in quanto è, ad oggi, l’unica via possibile per creare le condizioni non solo per cementare il foedus intercomunale, incarnatosi nella storia dell’“Unione dei Comuni dei 5 Reali Siti”, ma anche la crescita comprensoriale in termini turistici ed economici.

Purtroppo, è un’idea, questa, che stenta a farsi strada, perché spesso si antepone la cultura dell’intrattenimento (gestita da questa o da quella associazione) a quella che si trasforma tout court in uno strumento aperto e dinamico, in grado di rielaborare effettive proposte alternative di rinnovamento, incidendo, da un lato, sulle strutture economiche e sociali, dall’altro, sul modo di essere della gente.

Per fare tutto questo, occorre che si aprano al più presto tutti i luoghi della cultura presenti nei cinque comuni e che si dia a tutti, ricercatori e non, la possibilità di potervi accedere tranquillamente. Ortanova e Stornarella in primis, ma anche Stornara, Carapelle ed Ordona, hanno un patrimonio archivistico invidiabile, che merita di essere esplorato e studiato a fondo: questo comporta che le amministrazioni comunali – absit iniuria verbis (l’offesa sia lontana dalla parola) – possano, per non dire debbano, al più presto trovare le risorse adeguate, gli
operatori necessari e i locali idonei, per trovare una sistemazione logistica a tutte le loro carte d’archivio.

In quelle carte c’è tutta la storia dei cinque paesi, ci sono le mille difficoltà incontrate dalle cinque comunità, a far
data dalla loro nascita e no ai nostri giorni: è davvero un peccato che tutto debba rimanere nel chiuso di qualche magazzino impolverato, dove nessuno può mettere piede. Gli archivi storici meritano più attenzione, prima che l’umidità cancelli ogni traccia!

Un primo passo fu fatto ormai più di dieci anni fa, quando, grazie ad un nanziamento della Regione Puglia (cfr. Progetto “A5RS”), furono riordinati per la prima volta gli archivi comunali dei cinque comuni, compiendo una “bella” operazione di valorizzazione della memoria, della storia e delle tradizioni locali, a suggello della quale giunse, nel marzo 2011, una preziosa pubblicazione, curata da Maria Di Meo e Luigi P. Marangelli ed intitolata “Archivi storici dei Cinque Reali Siti (Foggia, Editrice Parnaso, 2011)”.

Un vero e proprio donum per le comunità dell’“Unione”, una specie di prezioso catalogo dell’esistente, una sorta di filo d’Arianna capace di consentire la fruizione (da parte di ricercatori, storici, studenti, insegnanti ed altri) della documentazione che nel tempo aveva acquisito un interesse storico.

Orbene, oggi si tratta di continuare il lavoro avviato, dando vita ad una seconda fase dell’iniziativa, quella della disponibilità del patrimonio archivistico, per incentivare la consultazione e la ricerca, individuando locali
ampi e luminosi, in cui ci si possa sedere per prendere appunti e per studiare.

Analogo discorso vale per le biblioteche, perché, se Atene piange, Sparta non ride. Già mi par di sentire, a questo punto, l’omerica risata degli “profeti” della tecnologia, per i quali, così come ebbe a dire dal podio un ex-sindaco di Carapelle, le biblioteche possono essere tranquillamente chiuse, considerato che con un semplice clic è possibile oggi raggiungere qualsiasi tipo di informazione su internet.

Inorridisco ancora nel ricordare quelle parole! Di certo, però, la biblioteca di oggi non può più essere concepita come un tempo, ma va ripensata in termini moderni ed innovativi: essa, infatti, non è solo il luogo deputato alla lettura, ma è anche “contenitore”/centro di animazione sociale e culturale, “struttura polivalente”, capace di rispondere alle domande e ai bisogni dell’utenza territoriale.

Questo signica, però, investire nella cultura, che non può essere più la “cenerentola” dei bilanci comunali.
Hoc in votis. Almeno per chi ha a cuore la crescita e lo sviluppo.

Musica, un po’ di storia degli Athenium

athenium

A cura di Doriana di Pietro

Gli ATHENIUM nascono quasi cinquant’anni fa, nel 1975, in uno dei periodi più fervidi della musica italiana, in
cui si formavano, per poi scomparire, decine di gruppi musicali, del tutto immersi in quella vivace atmosfera del dopo boom economico, in cui benessere e cultura dilagavano.

Era un’Italia arricchita economicamente, ma allo stesso tempo impoverita socialmente, nella quale i giovani si sentivano come strozzati da un contesto sociale ancora intriso di convenzioni antiquate. È in questa circostanza, in cui capelli lunghi e abiti sgargianti esprimevano voglia di cambiamento e libertà, che nascono gli ATHENIUM grazie a musicisti storici di Orta Nova: Antonio Balestrieri alle tastiere, Riccardo Turtiello alla chitarra,
Giuseppe Di Leo (detto Pino) alla batteria, Nino Esposito al basso e Mario Curiello alla voce.

Atena, dea greca della ragione e delle arti, tra cui la musica, ha dato l’ispirazione per il nome del gruppo, che si riferisce peraltro al tempio della dea, luogo di cultura per eccellenza. A partire dal 1976 iniziano alcuni
cambiamenti dei componenti della band. Il batterista Giuseppe Di Leo, all’età di sedici anni, alla ricerca di nuove esperienze musicali, lascia il gruppo per girare il mondo entrando a far parte della grande orchestra del circo di Moira Orfei.

Seguiranno molteplici avvicendamenti nel ruolo del batterista. Il primo a inserirsi è Gerardo Maffei, che rimane nella formazione per circa due anni, no al rientro di Pino. Nel 1980 Mario Curiello si trasferisce al Nord, Nino Esposito lascia la musica per intraprendere la carriera imprenditoriale, sostituito da Michele Lopopolo, Antonio Balestrieri decide di dedicarsi completamente agli studi conservatoriali e viene sostituito da Salvatore Di Pietro.

Da quel momento inizia un nuovo percorso musicale per gli ATHENIUM, che si esibiscono in tutta la regione e non solo. Nel 1982 entra a far parte del gruppo Gino Manfredi, che con la sua voce, dona un tocco rock al sound della band. Ricordiamo il coinvolgimento, seppur per un breve periodo, del virtuoso chitarrista foggiano Pino Blonna, ancora oggi musicista di grande successo con la sua orchestra.

Nel 1984 Gino e Pino lasciano gli ATHENIUM per dar vita a un nuovo percorso musicale formando i Turbo, prima gruppo base del grande Michele Zarrillo e successivamente tribute band di Vasco Rossi. Antonio Zicolillo diventa il batterista della band ma, purtroppo, dopo circa un anno, impegni lavorativi gli impediscono di continuare la collaborazione. È, quindi, la volta del fantasioso Enzo Di Leo, cugino maggiore di Pino, conosciuto da molti come “Burdell”.

Verso la fine degli anni ’80, la band comincia ad allargare i suoi orizzonti e a identicarsi quasi con un’orchestra, con l’inserimento di una sezione ati: si inseriscono Franco Ariemme e Gerardo Annese alle trombe, Antonio Gallicchio al sax tenore e Antonio Capocchiano al sax contralto.

Riccardo si stacca dalla band per seguire Pino nei Turbo, lasciando così il posto al chitarrista Lino Tarateta. Nello
stesso periodo, si inseriscono Anna Maria Parlante come voce femminile e Nino Zicolillo (in arte Nicky Sanders), frontman dell’altro celebre gruppo ortese, “La Corte dei Miracoli” . La formazione di quella che è possibile denire ormai un’orchestra dura circa due anni.

Nel frattempo, l’intrattenimento musicale si evolve a favore di dj e dell’uso di device a supporto del lavoro del musicista: ciò comporta mutamenti nel panorama musicale e, dunque, nelle scelte professionali dei singoli componenti degli ATHENIUM, che però non disdegnano la possibilità di riunirsi nelle occasioni
importanti.

Nel 1997 Pino e Salvatore danno vita al gruppo degli Exito, attualmente formato da Amedeo Grasso alla
chitarra, Enzo Toscano al basso e Alessandra Di Girolamo alla voce, che, peraltro, hanno collaborato fattivamente
alla realizzazione di questo album. L’idea di pubblicare un album sorge nella ricorrenza dei quarantacinque anni
dalla nascita della band, su iniziativa di Pino Di Leo e di Salvatore Di Pietro, anche se la sua realizzazione è stata posticipata di circa due anni a causa della pandemia.

I brani inseriti in questo lavoro sono quelli che hanno lasciato un segno nella storia degli ATHENIUM e che
ne identicano maggiormente il percorso e il gusto musicale. Gli artisti a cui la band si rifà sono i Pooh, i New Trolls (da cui riprendono la particolarità di far cantare tutti i membri della band), Pino Daniele, Lucio Dalla, la PFM e innumerevoli altri artisti degli anni ’60 – ’70 – ’80.

Per la registrazione di questo disco i brani sono cantati da Salvatore Di Pietro, Enzo Di Leo, Michele Lopopolo e Riccardo Turtiello, da sempre affiatati nella musica così come nella vita.

 

Storia 5 Reali Siti, il Palazzo Luigi di Gennaro

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A cura di Lucia Lopriore

Corrisponde al civico n. 13 di C.so Aldo Moro, fu edicato dal duca de’ Sangro verso la ne del settecento e faceva
parte del comprensorio di caseggiati denominato: “La Palazzina”. Dopo l’esproprio dei beni al duca, la casa soprana fu ceduta dalla Regia Corte a Luigi Di Gennaro che, originario di Barletta, si era trasferito ad Orta con il
padre Giuseppe, perché aveva stipulato un contratto con il Tavoliere di Puglia che gli aveva assegnato venti versure di terreno in località Grassano delle Fosse e Triunfello (AS FG – Amm.ne del Tavoliere, Scritture
dell’Ufficio, s. II, b. 17, fasc. 7, contratto del 16/03/1808).

Luigi svolse l’attività di massaro e di venditore di beni di prima necessità, per questo la R.C. gli aveva assegnato
in comproprietà con Giovanni Spinelli una casa soprana ( Ibidem, Cat. Ant. vol. 124 sez. 6° di lettera “E”
che forma “D” Art. 140).

Purtroppo però, per cause non meglio accertate, il 23 febbraio 1807, Luigi subì la confisca dei terreni e degli immobili che possedeva per ordine del funzionario della Suprema Giunta del Tavoliere, Nicola M. Sebastiani, ed il 27 febbraio 1807, (sùbito dopo la confisca dei beni, il 10 giugno di quell’anno, Luigi inoltrò al Sovrano una Supplica con la quale chiedeva 40 versure di terreno al prezzo di 27 carlini la versura, in cambio dei 270 dei servigi resi a S.M.), Teodoro Muscio acquistò tutte le proprietà conscate al prezzo di ducati 682

(Ibidem, Tavoliere di Puglia, b. 17, fasc. 250 c. 2 v., atto del 23/02/1807. Atti di Sequestro dei beni di Girolamo Giovine e Luigi Di Gennaro: tra gli immobili furono conscati: “[…] Una casa palazziata consistente in quattro camare soprane ed una cucinetta, 2 sottani uno per uso di stalla e l’altro per magazzino del valore di ducati 2000 […] un’altra casa con due camere soprane e un sottano del valore di circa ducati 800. Un altro corpo di abitazioni consistente in due camere lamiate a piano terra isolate site rimpetto le case del Magnifico Andrea e Urbano Di Dedda fratelli del valore di circa ducati 350 […]”. La seconda casa soprana, fu ceduta nel 1854 dagli eredi di Luigi ad Emilio Campese, a tale riguardo si consultino le notizie su Palazzo Lo Muscio-Campese).

Ottenuti i nuovi terreni, egli li coltivò provvedendo alle necessità di famiglia; sposò Antonia La Rovere dalla
quale ebbe due gli e, deceduta quest’ultima, si risposò con Nicoletta Manzo dalla quale ebbe altri tre figli.
Purtroppo, anche Luigi, morì prematuramente, tanto che non avendo dettato le sue volontà, indusse i figli a convocare il notaio ed a far inventariare i beni al fine di poter procedere ad un’equa suddivisione degli stessi (1 Ibidem, Prot. Not. n. 41 Rep. n. 239 notaio A. Gaeta, atto dell’11/11/1843 c. 343 r).

Fino al suo decesso, Luigi non era riuscito a riacquistare le case confiscate, infatti tra gli immobili inventariati
vi erano solo una casa a piano terra ubicata nella Strada Mezzana ed altre due casette a tavolato intercomunicanti, più un lamione “diruto” che era utilizzato come cantina, le versure di terreno avute dalla R.C., alcuni attrezzi
agricoli, animali e titoli di credito comprovanti prestiti di danaro corrisposti a terzi.

Pertanto la casa palaziata rimase a Teodoro Muscio che più tardi la alienò al figlio di Luigi, Domenico, che dopo
l’acquisto, vi abitò con la famiglia (ACO – Anagrafe: Registro di Popolazione c. 616). La casa rimase proprietà dei di Gennaro fino alla fine dell’800, più tardi fu alienata ai Ruocco ed in seguito passò ad altri.

Orta Nova, richiesta finanziamento per la Videosorveglianza urbana al Ministero dell’Interno

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Anche Orta Nova parteciperà al bando del Ministero dell’ Interno per l’erogazione di finanziamenti  finalizzati all’implementazione e il potenziamento dei sistemi di videosorveglianza nei Comuni del territorio provinciale, secondo le progettualità proposte da ben 28 Comuni (Alberona, Apricena, Ascoli Satriano, Bovino, Carapelle, Carlantino, Cerignola, Deliceto, Ischitella, Isole Tremiti, Lesina, Lucera, Manfredonia, Mattinata, Monteleone di Puglia, Monte Sant’Angelo, Ordona, Orsara di Puglia, Rocchetta Sant’Antonio, San Nicandro Garganico, San Paolo Civitate, Serracapriola, Stornarella, Troia, Vico del Gargano, Vieste, Zapponeta), elaborate anche sulla base delle indicazioni fornite dai presidi di polizia sul territorio.

“L’analisi dello scenario criminale di questa provincia attesta una forte incidenza della criminalità, con la presenza di consorterie mafiose riconosciute definitivamente in sentenze passate in giudicato, che si sono dotate nel tempo di una organizzazione sempre più strutturata ed hanno sviluppato la capacità di stabilire interconnessioni, finalizzate al raggiungimento di modelli tendenzialmente federali, e proiezioni nazionali ed internazionali”, ha annunciato la Prefettura di Foggia in una recente nota.

Il tema delle scelte pubbliche rivolte in via prioritaria al perseguimento degli obiettivi di sicurezza è stato più volte oggetto di confronto e di sensibilizzazione da parte della Prefettura con le amministrazioni comunali, che si stanno incontrando nel corso dei comitati itineranti per l’ordine e la sicurezza pubblica.

In alcuni Comuni il tema è stato espressamente contemplato all’interno dell’articolato Patto per la Sicurezza Urbana, già sottoscritto con il Comune di Foggia, e che nell’ imminenza verrà formalizzato anche con i Comuni di Cerignola, Manfredonia, Lucera e San Severo.

(Comunicato stampa Prefettura di Foggia)