A cura di Salvatore Cuccia.
“Se c’è un piatto universale, quello non è l’hamburger bensì la pizza, perché silimita a una base comune – l’impasto – sul quale ciascuno può disporre, organizzare ed esprimere la sua differenza (Attali)”. Ingredienti semplici e di qualità, espressione della tradizione mediterranea più profonda, da cui provengono acqua, farina, lievito e olio, che si uniscono per dare vita a un’eccellenza gastronomica italiana celebrata e, soprattutto, mangiata in tutto il mondo.
La vogliamo rossa, oppure bianca. Alta, bassa, capricciosa, diavola, marinara e chi più ne ha più ne metta, senza dimenticare l’unica e inimitabile, la Regina, uno dei simboli della tradizione culinaria italiana: la pizza napoletana, che ha conquistato i palati di tutto il mondo e regalato momenti di gusto senza tempo.
Come avrete facilmente intuito attraverso queste parole, stiamo parlando nientepopodimeno che della pizza!
E a questo piatto famoso in tutto il mondo è stata dedicata una giornata, esattamente il 17 gennaio! Perché proprio in questo giorno?
La scelta della data non è casuale, ma è dovuta a un’antica usanza, tutta napoletana: sembra che in tale data i pizzaioli napoletani chiudessero le loro attività, concedendosi un giorno di riposo, per riunirsi e accendere un falò di ringraziamento per il loro santo protettore, Sant’Antonio Abate.
Tuttavia, suddetta celebrazione della Giornata Mondiale della Pizza, è nata grazie a un’iniziativa della Associazione Verace Pizza Napoletana e di altre realtà del settore, in concomitanza con la sua proclamazione a Patrimonio dell’Umanità da parte dell’Unesco, per renderle omaggio e per tutelare un alimento che è un vero e proprio fiore all’occhiello della gastronomia italiana. Dov’è nata questa pietanza amata in ogni angolo della terra?
Facciamo un balzo, indietro nel tempo, più precisamente, in epoca preistorica, durante il Neolitico, in cui abbiamo la prima versione rudimentale della pizza. Pensate che, con la nascita dell’agricoltura, si iniziarono a cuocere sulla pietra degli impasti di cereali tostati o di pane azzimo, privi di lievitazione.
Nondimeno, gli amanti della vera pizza napoletana, morbida, fragrante e dal bordo rialzato, avrebbero però storto il naso assaggiando la prima variante neolitica, esattamente come non avrebbero riconosciuto le prime pite preparate dagli antichi greci: un pane appiattito a cui venivano aggiunti aromi, come la cipolla e l’aglio.
Nel corso dei secoli sono emerse altre leggende alternative: si narra infatti che il re dei persiani, Dario il Grande,
avesse l’abitudine di cuocere una sorta di pane piatto, farcito con formaggio e datteri, che forse oggi verrebbe
paragonato alla versione della pizza americana con l’ananas.
Ripercorrendo ancora la lunga storia di questo alimento, sono giunte no ai nostri giorni notizie risalenti alla fine del ’500, in cui era diffusa la “mastunicola”, una versione napoletana preparata con strutto, pepe, formaggio e foglie di basilico, alla quale si è poi aggiunta la variante con “cecinelli”, preparata con il pesce.
L’unione tra l’impasto a base di farina e il pomodoro avviene, invece, a metà del ’700, nel Regno di Napoli: l’antica focaccia di origine popolare, che conquistava il palato di ogni classe sociale, iniziò a essere venduta dai fornai del Regno e consumata per strada, dando vita ad uno dei primi esempi di street food.
La chiave di volta, che cambierà per sempre la sua storia, è il mese di giugno del 1889 con l’invenzione ufficiale della pizza, preparata dal cuoco Raffaele Esposito in onore di Margherita di Savoia, la Regina d’Italia: non a
caso i condimenti utilizzati, il pomodoro, la mozzarella e il basilico, rappresentano i colori della bandiera italiana.
Come detto precedentemente, erano già presenti in quel periodo alcune ricette della cultura gastronomica napoletana, come le varianti condite con formaggio, strutto e pomodoro; si racconta anche che il celebre cuoco abbia realizzato tre ricette classiche della cucina partenopea, tra cui la marinara e la mastunicola, mettendo a tavola anche la Pizza Margherita che oggi noi tutti conosciamo.
Da allora fu un successo planetario e, da fenomeno locale, le pizzerie si diffusero in ogni parte del globo, grazie anche ai migranti italiani che dal Meridione portarono un assaggio delle loro origini in nuovi continenti. Il più esemplare dei cibi italiani si diffuse infatti tra le strade delle grandi metropoli degli Stati Uniti, come Chicago
e New York, dove in pochi anni sbocciarono i primi locali dedicati.
Le prime versioni non prevedevano la mozzarella, difficile da reperire, ma formaggi locali. È invece con il boom economico del dopoguerra, quando intere famiglie del Sud Italia iniziarono ad emigrare verso il Nord del paese, che nacquero le prime pizzerie per i compaesani emigrati e per la gente del posto. Ed è ancora oggi uno dei cibi più prediletti e amati da grandi e bambini, senza limiti di tempo.