di Alfonso Maria Palomba
Ho detto altrove come la cultura possa e debba diventare centrale nella prospettiva del futuro e nella visione politica dello sviluppo territoriale, in quanto è, ad oggi, l’unica via possibile per creare le condizioni non solo per cementare il foedus intercomunale, incarnatosi nella storia dell’“Unione dei Comuni dei 5 Reali Siti”, ma anche la crescita comprensoriale in termini turistici ed economici.
Purtroppo, è un’idea, questa, che stenta a farsi strada, perché spesso si antepone la cultura dell’intrattenimento (gestita da questa o da quella associazione) a quella che si trasforma tout court in uno strumento aperto e dinamico, in grado di rielaborare effettive proposte alternative di rinnovamento, incidendo, da un lato, sulle strutture economiche e sociali, dall’altro, sul modo di essere della gente.
Per fare tutto questo, occorre che si aprano al più presto tutti i luoghi della cultura presenti nei cinque comuni e che si dia a tutti, ricercatori e non, la possibilità di potervi accedere tranquillamente. Ortanova e Stornarella in primis, ma anche Stornara, Carapelle ed Ordona, hanno un patrimonio archivistico invidiabile, che merita di essere esplorato e studiato a fondo: questo comporta che le amministrazioni comunali – absit iniuria verbis (l’offesa sia lontana dalla parola) – possano, per non dire debbano, al più presto trovare le risorse adeguate, gli
operatori necessari e i locali idonei, per trovare una sistemazione logistica a tutte le loro carte d’archivio.
In quelle carte c’è tutta la storia dei cinque paesi, ci sono le mille difficoltà incontrate dalle cinque comunità, a far
data dalla loro nascita e no ai nostri giorni: è davvero un peccato che tutto debba rimanere nel chiuso di qualche magazzino impolverato, dove nessuno può mettere piede. Gli archivi storici meritano più attenzione, prima che l’umidità cancelli ogni traccia!
Un primo passo fu fatto ormai più di dieci anni fa, quando, grazie ad un nanziamento della Regione Puglia (cfr. Progetto “A5RS”), furono riordinati per la prima volta gli archivi comunali dei cinque comuni, compiendo una “bella” operazione di valorizzazione della memoria, della storia e delle tradizioni locali, a suggello della quale giunse, nel marzo 2011, una preziosa pubblicazione, curata da Maria Di Meo e Luigi P. Marangelli ed intitolata “Archivi storici dei Cinque Reali Siti (Foggia, Editrice Parnaso, 2011)”.
Un vero e proprio donum per le comunità dell’“Unione”, una specie di prezioso catalogo dell’esistente, una sorta di filo d’Arianna capace di consentire la fruizione (da parte di ricercatori, storici, studenti, insegnanti ed altri) della documentazione che nel tempo aveva acquisito un interesse storico.
Orbene, oggi si tratta di continuare il lavoro avviato, dando vita ad una seconda fase dell’iniziativa, quella della disponibilità del patrimonio archivistico, per incentivare la consultazione e la ricerca, individuando locali
ampi e luminosi, in cui ci si possa sedere per prendere appunti e per studiare.
Analogo discorso vale per le biblioteche, perché, se Atene piange, Sparta non ride. Già mi par di sentire, a questo punto, l’omerica risata degli “profeti” della tecnologia, per i quali, così come ebbe a dire dal podio un ex-sindaco di Carapelle, le biblioteche possono essere tranquillamente chiuse, considerato che con un semplice clic è possibile oggi raggiungere qualsiasi tipo di informazione su internet.
Inorridisco ancora nel ricordare quelle parole! Di certo, però, la biblioteca di oggi non può più essere concepita come un tempo, ma va ripensata in termini moderni ed innovativi: essa, infatti, non è solo il luogo deputato alla lettura, ma è anche “contenitore”/centro di animazione sociale e culturale, “struttura polivalente”, capace di rispondere alle domande e ai bisogni dell’utenza territoriale.
Questo signica, però, investire nella cultura, che non può essere più la “cenerentola” dei bilanci comunali.
Hoc in votis. Almeno per chi ha a cuore la crescita e lo sviluppo.