A cura di Francesco di Corato.

Generoso, di buona compagnia, lavoratore instancabile e scrupoloso capomastro edile. Così viene ricordato a Orta Nova parenti, amici e dalle persone anziane che l’hanno conosciuto; coraggioso per natura, altruista per istinto era tenuto in massima considerazione da superiori e commilitoni come sottufficiale dei Bersaglieri durante l’ultimo conflitto mondiale (1940/1945) in cui fu decorato due volte al Valore Militare.

La prima, nel 1941, con Medaglia di Bronzo, la seconda, con una di Argento. Entrambe in Africa Settentrionale, entrambe per soccorrere chi stava in pericolo. Infatti nella motivazione (riportata a parte) con cui gli fu concessa la Medaglia di Bronzo si legge (tra l’altro): «accorso con la propria squadra per disimpegnare da critica situazione gli uomini di un gruppo di assalto, muoveva per primo decisamente all’attacco di un nido di mitragliatrici.

Esempio di grande coraggio e cameratismo». La Medaglia d’Argento se la guadagnò un anno dopo per aver salvato la vita a un bimbo di pochi mesi che insieme a lui viaggiava con la madre su un aereo italiano partito da Tobruk (Africa settentrionale) e diretto in Italia, abbattuto da aerei inglesi e precipitato in mare.

Il Fatto

Novembre del 1942, aeroporto di Tripoli. Su un aereo Italiano stanno per partire una decina di passeggeri, tra i quali la signora Guerrini Godignani con i figlioletti Donatella di 3 anni e Mauro di 16 mesi, il sergente maggiore dei bersaglieri di 24 anni di ritorno in Italia in licenza matrimoniale.

Di lì a qualche settimana avrebbe dovuto sposare a Orta Nova Vincenza Todisco. Prima della partenza, Carlo Guerrini, che resta a Tripoli per motivi di lavoro, prega il militare ortese di «dare uno sguardo» alla sua famiglia durante il viaggio in aereo.

Purtroppo il velivolo italiano ha da poco lasciato la costa nord-africana, quando viene attaccato e abbattuto da caccia nemici. Unico superstite Ciro Del Vento il quale, qualche istante prima che l’aereo precipitasse, era riuscito ad afferrare Mauro tra le braccia e, facendogli scudo con il proprio corpo, riuscì a salvarlo.

Quindi, nuotando per diverse ore, stremato, raggiunse la riva tunisina dove venne soccorso da una pattuglia di soldati francesi. Rientrato a Orta Nova, Ciro Del Vento e la fidanzata Vincenza Todisco decidono, una volta sposati di adottare il piccolo Mauro di cui non conoscevano però il cognome.

Il padre, intanto, attraverso le scarne notizie raccolte dai vari comandi militari, appena saputo dell’abbattimento dell’aereo su cui viaggiavano la moglie con Donatella e Mauro, rintracciò Ciro Del Vento a Orta Nova riprendendo con sé il figlioletto.

Da allora Mauro è venuto a Orta Nova quando aveva 18 anni. Il giovane triestino in quella occasione, sfogliando una rivista del tempo, «Illustrazione del Popolo», che ricordava, con una tavola di Beltrame, l’episodio di cui era stato protagonista Ciro Del Vento, aveva voluto conoscerlo di persona.

Dopo mezzo secolo dal salvataggio, Mauro tornò di nuovo a Orta Nova, quasi per sciogliere un voto con i parenti di Ciro e attestare pubblicamente ai cittadini di Orta Nova la sua riconoscenza nei riguardi di un loro compaesano ed in quella occasione la signora Del Vento donò a Mauro il cappello piumato che fu di suo marito.

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