Dimash Kudaibergen. Nato a Aqtöbe (Kazakistan) il 24 Maggio 1994 è un giovane cantautore e polistrumentista famoso per la sua straordinaria voce. Per certi versi, ricorda Farinelli, “il Dio del Belcanto”, la cui estensione andava dal La2 al Do5. Quella del giovane kazako comprende 8 ottave e 1 nota. Con un’estensione  vocale che inizia da C2 in “The love of tired swans”) e arriva a D8, detta la “fischio di delfino” in “Drunken Concubine“).

Raggiunge insomma tutti i registri vocali esistenti, dalle note di basso alle note di fondo del baritono registro e, a salire, i vari registri di tenore, controtenore e i più alti tipici femminili di sopranista. Supera per intenderci Mariah Carey Infine, la chicca: il registro di fischio D8, una nota che non esiste nel pianoforte e che assomiglia molto a un ultrasuono.

Chi lo sente cantare per la prima volta, non può non rimanere sconvolto dalla sua padronanza della tecnica e dalla straordinaria fluidità esecutoria.  Verrebbe da chiedergli: “Da quale Pianeta vieni ?” La sua voce non ha né spazio, né tempo, diventa l’archetipo stesso del Big Bang primordiale. La sua intonazione è pura, il trillo splendido, il petto straordinariamente potente nel controllo del fiato e la gola così agile, da eseguire gli intervalli più ampi velocemente, con la massima facilità e sicurezza. I passaggi spezzati, come pure ogni altro genere di melisma non presentano alcuna difficoltà per lui.

Raccontiamo un piccolo aneddoto per capire la portata del talento naturale di Dimash. Nel film “ Il quinto elemento” di Luc Besson (1997), venne eseguita un’aria musicale tratta dalla Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti. Parte dell’aria fu eseguita con una voce sintetica creata al computer, poiché non si riusciva a trovare una voce umana in grado di padroneggiare una tale estensione. In sèguito, la stessa è stata interpretata da Dimash, ovviamente senza l’ausilio della tecnologia.

Ascoltando Dimash, dalle note sussurrate, all’esplosione energetica degli acuti, limpidi e modulati, perfettamente padroneggiati dalla tecnica e da un evidente dono naturale, si ha l’impressione di trovarsi davanti a una creatura soprannaturale. O all’incarnazione stessa della Musica. “Se aprissero il mio cuore vedrebbero musica, se aprissero la mia mente incontrerebbero di nuovo solo musica”, ha dichiarato una volta Dimash. E la cosa non ci sorprende affatto.

E ppi, non dimentichiamo il suo cavallo di battaglia: “Sos d’un térrien en détresse”. Questo è forse uno dei pezzi più significativi dell’artista kazako. L’interpretazione di Dimash? Da sùbito emerge il carattere di una vocalità che non pone limiti. La prima nota, emessa con delicatezza, viene rafforzata fino a raggiungere un volume incredibile, sostenuto da arcate di fiato pazzesche. Poi, con la stessa padronanza, la voce diminuisce fino a divenire un soffio. Oltre a un virtuosismo declinato in vocalizzi, scale vorticose e sbalzi di ottava, c’è molto di più: mimica, teatralità, presenza scenica ed emotività ci lasciano senza fiato, in estasi, rapiti, incantati.

Le tournée di Dimash si svolgono praticamente in ogni angolo del Pianeta, alla Coca-Cola Arena di Dubai, tanto per citare un evento. In Italia, patria del “Bel Canto“, non ci sono date. Difficile ascoltarlo in radio o vederlo in Tv. Del resto, lavorare per un’etichetta indipendente è un limite e le multinazionali del settore non è che aiutino molto. Dietro alla composizione, alla produzione, all’organizzazione, alla scelta delle splendide suggestioni visive degli eventi, non ci sono nomi altisonanti. Il fenomeno Dimash è frutto di un lavoro “in famiglia”. Kanat Kudaibergenuly Aitbayev e Svetlana Aitbayeva, cantanti molto famosi in patria, nonché genitori del giovane, sono gli artefici principali. I genitori e la nonna Miua, sono tra l’altro sempre presenti durante i concerti.

Dimash è anche polistrumentista, sapendo suonare almeno 6 strumenti musicali diversi, e canta in dodici lingue diverse. Oltre alla lingua madre, il kazako, canta in russo, mandarino, inglese, francese, ucraino, Italiano, dialetto siciliano, turco, kirghiso, tedesco e spagnolo. L’artista parla inoltre kazako, russo e studia inglese e mandarino.

Il paroliere giapponese Goro Matsui, ha ammesso di essersi emozionato dopo averlo sentito interpretare la sua composizione “Ikanaide” al Giubileo del Tokyo Jazz Festival, nel 2021. Come accennato, Dimash è anche polistrumentista. Suona il pianoforte, la batteria lo xilofono e il dombra (strumento musicale étnico kazako antico, un liuto tradizionale dal collo lungo con sole due corde). I fan italiani, chiamati “Dears” lo seguono ovunque. La speranza è di poterlo portare in Italia. Ci riusciranno ?

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