Un Seme della Legalità Piantato per le Generazioni Future. Si E’ Svolta la Piantumazione dell’Albero di Falcone presso l’IC “Sandro Pertini” di Orta Nova

A cura di Salvatore Cuccia.

Un giorno Falcone disse: “Credo che ognuno di noi debba essere giudicato per ciò che ha fatto. Contano le azioni non le parole. Se dovessimo dare credito ai discorsi saremmo tutti bravi e irreprensibili.” Queste parole sono presenti anche nella locandina che l’I.C. “Sandro Pertini” ha realizzato per la piantumazione avvenuta il 28 – nel medesimo istituto.

L’evento ha visto la partecipazione della prof.ssa Tarantino che ha fatto le veci della dirigente U.S.T. di Foggia, la prof.ssa Maria Aida Tatiana Episcopo, la Dirigente Scolastica, prof.ssa Teresa Mazzamurro, il Comandante dei Carabinieri di Margherita di Savoia, il dott. Ruggiero Matera, la prof.ssa Nilde Antonella Di Benedetto, Don Donato Allegretti per la benedizione delle piante, l’ex-sindaca, avv. Maria Rosaria Calvio, ed infine, l’assessore per gli Affari generali – Personale – Cultura e Patrimonio Francesco Pio Grillo in rappresentanza del sindaco Lasorsa e le classi coinvolte.

Ciascuno di loro è intervenuto con dei discorsi, semplici ma diretti, al cuore dei bambini. Facciamo un piccolo preambolo: Cos’è una piantumazione? E soprattutto cosa c’entra l’I.C. “Sandro Pertini” con Falcone ?Rispondiamo a questi due quesiti. Piantumazione: S. f. [der. di piantumare]. – L’operazione di mettere a dimora giovani piante arboree, in viali e giardini.

Il che ci collega direttamente con l’altra domanda posta all’inizio del capoverso. L’Istituto Comprensivo “Sandro Pertini” di Orta Nova è tra i 900 istituti che hanno aderito al brillante progetto, promosso dal Ministero della Transizione Ecologica e dagli Educatori Ambientali, del Nucleo Carabinieri, dell’Organizzazione speciale a tutela della Biodiversità, “Un albero per il futuro”, divenendo così parte della centunesima riserva naturale “diffusa”. Questo progetto dalla valenza triennale ha consentito agli alunni di seguire un percorso educativo che ha fatto “germogliare” in loro i valori della legalità, del rispetto dell’ambiente e della salvaguardia della natura.

Il luogo dove vengono riprodotti i semi di questi alberi è un laboratorio dell’Arma dei carabinieri. Esso si trova a Pieve Santo Stefano, in provincia di Arezzo, dove è presente la banca del seme, la Banca della biodiversità.

Quali sono state le piante donate dai Carabinieri e poi piantate dai ragazzi ? Risponde, così, il Comandante dei Carabinieri Matera “Un’esemplare che vive in Sardegna. Si chiama sughera e un’esemplare, invece che vive nel nostro territorio pugliese e si chiama Leccio”.

E ancora “Invece quest’albero senza foglie è una specie che perde le foglie durante l’inverno. Si chiamano latifoglie caduche”. Infine, parlando dell’albero di Falcone, la Ficus macrophylla, una pianta molto rara, Matera dice: “Quest’albero proviene dalla baia di Moreton, in Australia. È originario di quelle zone, ma noi l’abbiamo prelevato a Palermo dov’è arrivato nei primi anni dell’Ottocento. L’abbiamo definito l’albero di Falcone, ragazzi perché cresce in Sicilia in una via che si chiama Via Notarbartolo, dove un uomo che si è battuto per difendere la legalità purtroppo il 23 maggio del 92 è stato ucciso dalla criminalità mafiosa; questo giudice si è battuto per difendere i princìpi della nostra Costituzione, cioè la legge madre che sovraintende a tutte le nostre vite, i diritti e i doveri. Le nostre attività quotidiane, le nostre regole. Bene quest’uomo, purtroppo non ce l’ha fatta. È stato colpito dalla mafia, allora noi per poter diffondere i suoi princìpi, i suoi valori, abbiamo deciso di raccogliere un rametto dell’albero che cresce nei pressi della sua dimora, simbolo di giustizia. Si chiama macro perché può raggiungere i 20 metri”.

Alla fine della piantumazione si è svolta poi la seconda parte dedicata alla lettura di alcune poesie e brani da parte dei ragazzi coinvolti in questo progetto ! Un piccolo seme che piantato darà alla luce degli splendidi fiori di luce, di legalità e di speranza di cambiamento per Orta Nova e il futuro.

8 marzo: la Donna. Le Celebrazioni dell’Unitré

Di Valeria Pagone.

Come ogni anno l’8 marzo si celebra la Festa internazionale della donna, per ricordare tutte le conquiste in àmbito economico, politico e culturale che sono state raggiunte dalle donne e allo stesso tempo non dimenticare le discriminazioni e le violenze che vengono perpetrate sovente a loro carico.

Nonostante le donne negli anni abbiano raggiunto traguardi importanti in tutti i campi possibili, in ogni parte del mondo si verifica ancora il fenomeno dilagante della violenza di genere, che comprende tutte le violenze: da quella psicologica, fisica a quella sessuale, dallo stalking, cioè l’insieme di quegli atti persecutori che tendono a limitare o cambiare del tutto lo stile di vita della vittima in questione, fino ad arrivare all’epilogo più triste, quale il femminicidio.

Vorrei dedicare a noi donne tutte, qualche riga, parole che mi giungono spontanee e sincere: “Donne, inconsapevolmente forti nel tempo che ci coglie impreparate dal dover reagire a tante ingiustizie ed al dolore. Donne che cercano spesso una carezza al posto di quegli schiaffi, che vengono dati loro dalla vita e non solo, dagli uomini che troppo spesso non sono tali.

Donne affamate di libertà e indipendenza, gridano così forte da udirne un’eco tanto infinito, da non riuscire a zittirlo: violentate, picchiate, insultate, deturpate in volto e nell’animo, sottovalutate troppo e troppo spesso, non trovano modo alcuno che di soccombere a tali soprusi, pensando sia la strada più sicura da seguire per non dover ancora sopportare la derisione e l’intolleranza di chi crede che la colpa sia solo la loro.

Donne, mogli, mamme fragili che cercano di proteggersi come meglio possono, con gli strumenti che possiedono, tollerano tutto per amore della famiglia e si illudono di essere protette dai propri affetti, ma si ritrovano sole avvolte da una bolla di omertà, soffocate da costrizioni inutili, mentre chi gli fa del male è proprio colui che amano.

Donne accusate di essere il problema principale di ciò che gli accade, e perciò obbligate ad abbassare la testa verso tutto il male che sono portate a sopportare.

Donne assassinate brutalmente ogni giorno rimangono nel nostro immaginario come povere vittime di un modo di pensare del tutto sbagliato dal principio, mentre non c’è spiegazione, motivazione e responsabilità alcuna, che giustifichi tali comportamenti.

Donne, donne e ancora donne, donne con tutto ciò che comporta tale condizione, sensibili e delicati esseri viventi che cercano il proprio spazio ed esigono un po’ di rispetto, in questo luogo a volte tanto ostile con loro: la vita; quella che loro stesse donano ai propri figli, la vita che gli spetta di diritto e che troppo spesso viene loro rubata, in nome di un amore fasullo e del tutto inesistente.”

In questo 8 marzo, giorno dedicato alla donna, si leggono titoli di giornale, si creano trasmissioni televisive, si odono inni e si compiono gesti in onore di donne da ricordare: donne che sono state grandi pioniere nei propri settori, donne forti che hanno combattuto in passato contro le disuguaglianze, perdendo spesso la vita, … Donne… Donne… tutte le donne semplici che ogni giorno vivono di quotidianità ma non dimenticano mai di essere speciali.

Noi del gruppo corale dell’UNITRE, guidati dalle insegnanti Loredana Maffei ed Adriana Torraco abbiamo voluto omaggiare le donne e ricordarne il valore, suonando e cantando una delle più belle e simboliche canzoni del pa norama musicale italiano: “Quello che le donne non dicono “ di Fiorella Mannoia, per sottolineare le innumerevoli sfaccettature della complessità dell’animo femminile.

Tutto dinanzi a paia di scarpette rosse adagiate sull’asfalto, rifacendoci al simbolismo usato nell’installazione artistica di Elina Chauvet che volle così ricordare le migliaia di donne scomparse ed uccise in Messico. Serata conclusasi, la nostra, con il gentile pensiero del presidente Annito di Pietro, che ha donato a tutte le donne presenti un ramoscello di mimosa, fiore simbolo di questa giornata.

La festa della donna, giorno in cui tutte le donne vengono celebrate e punto di partenza perché in ogni nuovo anno si raggiungano traguardi sempre maggiori verso una parità di genere totale e permanente, senza più atteggiamenti ed azioni che inducano a pensare che i diritti non siano universali e condivisibili.

Storia: Ciro del Vento, Eroe Ortese dal Cuore d’oro e dalle Piume al Vento

A cura di Francesco di Corato.

Generoso, di buona compagnia, lavoratore instancabile e scrupoloso capomastro edile. Così viene ricordato a Orta Nova parenti, amici e dalle persone anziane che l’hanno conosciuto; coraggioso per natura, altruista per istinto era tenuto in massima considerazione da superiori e commilitoni come sottufficiale dei Bersaglieri durante l’ultimo conflitto mondiale (1940/1945) in cui fu decorato due volte al Valore Militare.

La prima, nel 1941, con Medaglia di Bronzo, la seconda, con una di Argento. Entrambe in Africa Settentrionale, entrambe per soccorrere chi stava in pericolo. Infatti nella motivazione (riportata a parte) con cui gli fu concessa la Medaglia di Bronzo si legge (tra l’altro): «accorso con la propria squadra per disimpegnare da critica situazione gli uomini di un gruppo di assalto, muoveva per primo decisamente all’attacco di un nido di mitragliatrici.

Esempio di grande coraggio e cameratismo». La Medaglia d’Argento se la guadagnò un anno dopo per aver salvato la vita a un bimbo di pochi mesi che insieme a lui viaggiava con la madre su un aereo italiano partito da Tobruk (Africa settentrionale) e diretto in Italia, abbattuto da aerei inglesi e precipitato in mare.

Il Fatto

Novembre del 1942, aeroporto di Tripoli. Su un aereo Italiano stanno per partire una decina di passeggeri, tra i quali la signora Guerrini Godignani con i figlioletti Donatella di 3 anni e Mauro di 16 mesi, il sergente maggiore dei bersaglieri di 24 anni di ritorno in Italia in licenza matrimoniale.

Di lì a qualche settimana avrebbe dovuto sposare a Orta Nova Vincenza Todisco. Prima della partenza, Carlo Guerrini, che resta a Tripoli per motivi di lavoro, prega il militare ortese di «dare uno sguardo» alla sua famiglia durante il viaggio in aereo.

Purtroppo il velivolo italiano ha da poco lasciato la costa nord-africana, quando viene attaccato e abbattuto da caccia nemici. Unico superstite Ciro Del Vento il quale, qualche istante prima che l’aereo precipitasse, era riuscito ad afferrare Mauro tra le braccia e, facendogli scudo con il proprio corpo, riuscì a salvarlo.

Quindi, nuotando per diverse ore, stremato, raggiunse la riva tunisina dove venne soccorso da una pattuglia di soldati francesi. Rientrato a Orta Nova, Ciro Del Vento e la fidanzata Vincenza Todisco decidono, una volta sposati di adottare il piccolo Mauro di cui non conoscevano però il cognome.

Il padre, intanto, attraverso le scarne notizie raccolte dai vari comandi militari, appena saputo dell’abbattimento dell’aereo su cui viaggiavano la moglie con Donatella e Mauro, rintracciò Ciro Del Vento a Orta Nova riprendendo con sé il figlioletto.

Da allora Mauro è venuto a Orta Nova quando aveva 18 anni. Il giovane triestino in quella occasione, sfogliando una rivista del tempo, «Illustrazione del Popolo», che ricordava, con una tavola di Beltrame, l’episodio di cui era stato protagonista Ciro Del Vento, aveva voluto conoscerlo di persona.

Dopo mezzo secolo dal salvataggio, Mauro tornò di nuovo a Orta Nova, quasi per sciogliere un voto con i parenti di Ciro e attestare pubblicamente ai cittadini di Orta Nova la sua riconoscenza nei riguardi di un loro compaesano ed in quella occasione la signora Del Vento donò a Mauro il cappello piumato che fu di suo marito.

Carapelle, Luoghi Comuni: un Altro Piccolo Passo verso la Riqualificazione dei Punti di Interesse per la Collettività

A cura di Nicola di Stasio.

Si è tenuto in Regione il primo tavolo di coprogettazione del bando “Luoghi Comuni” relativo alla villa comunale, a cui ha preso parte il sindaco Umberto Di Michele.

La comunità di Carapelle è uno dei pochi Comuni in Puglia ad aver partecipato a tre Avvisi del bando Luoghi Comuni: uno sulla Villa Comunale e due in fase di realizzazione nella biblioteca comunale e nei locali della scuola dell’infanzia in Via Fiume.

In villa Comunale, il progetto prevede la piantumazione di nuove essenze, la riqualificazione dell’area giochi, la realizzazione di un’area per i matrimoni civili e la realizzazione di un’area per il cinema all’aperto.

Sono previsti il posizionamento di nidi e mangiatoie per permettere ai ragazzi ed agli appassionati l’identificazione di specie di uccelli autoctoni, ma anche la realizzazione di interessanti laboratori di legalità.

La villa diventerà, stando agli obiettivi dei bandi, un punto di riferimento per i carapellesi e vedrà anche attività ricreative all’aperto con dei gonfiabili, ma anche con i ragazzi disabili, che nel giardino delle fragranze potranno affinare la conoscenza grazie a laboratori che sviluppano il senso tattile.

Un altro piccolo grande passo per la riqualificazione dei punti di interesse del nostro paese – ha dichiarato il Sindaco Di Michele – al servizio dei nostri concittadini.

Libri, le Poesie Daunie di Francesco Bellino “All’Ombra della Pianura”

A cura di Francesco Bellino.

LIVALCA – «Le sue lotte per l’affermazione nel mondo dei valori umani hanno sempre significato intervento a difesa della civiltà tradizionale, non nella totalità dei suoi archetipi, ma in taluni valori che i cingoli della civiltà industriale e consumistica hanno distrutto, come fanno talora gli anticrittogamici, che tagliano l’ossigeno ad ogni forma di vita: innocenti e malvagi, tutti nello stesso budello, come spari nel mucchio.

Si è proceduto proprio in questa maniera, dicono i versi di Bellino, con l’ottusità ferrigna dell’aràtro da scasso, che affonda il suo dente nella terra, distrugge spesso le antiche vestigia della civiltà, tombe e vasellami colmi di altre preoccupazioni: rivoltare le zolle, preparare la dimora ai semi, promettere una produzione raddoppiata, la ricchezza, il valore d’uso, il benessere economico. Tutto il resto non conta…».

Questo inciso è stato estrapolato dalla diligente introduzione che Raffaele Nigro scrisse, nel mese di ottobre del 1984, per il volume di versi dell’amico filosofo Francesco Bellino dal titolo “Tempo smemorato”, testo che era il numero 4 di una collana, pubblicata dalla Levante di Bari, e che era diretta da Leonardo Mancino e Raffaele Nigro.

Mario Cavalli ’stravedeva’ (questa almeno era la mia sensazione e, a prescindere da qualsiasi analisi psicologica, posso garantirvi che non so cosa sia l’invidia che ha afflitto e continuerà ad affliggere il pianeta, ma so bene cosa fosse la generosità che ’consolava’ di tutto Mario Cavalli… che era pur sempre mio padre) per Francesco e Raffaele e questo gli permise di ’sopportare’ nel volume «Tempo smemorato» una breve appendice dal titolo “Metamorfosi della libertà” commentata con queste parole: «Non basta Raffaele, pure Francesco».

Quattro mesi prima Nigro, con il volume «La metafisica come scienza» ed in particolare, con la sezione dedicata alle ironie e ai divertimenti antimatematici, aveva un poco ’scosso’ le certezze paterne. Per fortuna il tutto era stato bilanciato, nel caso di Nigro, dai disegni di Beppe Labianca e Luigi Guerricchio, e di Francesco Bellino da quelli di Vito Matera: in verità mio padre voleva conoscere il prof. Matera, perché senz’altro aveva in mente qualcosa, ma non ritengo sia avvenuto mai l’incontro in una delle tante domeniche destinate a queste riunioni.

Sono passati quasi quarant’anni da allora, ma è sempre Raffaele Nigro a curare l’introduzione di un libro ’partorito’ dalla sensibilità, mista a percettività-emotività-impressionabilità della profonda fede cristiana di Bellino, in cui la sua pietà caritatevole e la sua compassione misericordiosa sconfiggono la freddezza-indifferenza e la carità-umanità-benevolenza vincono sulla crudeltà e ferocia così come la religiosità e devozione sconfiggono l’irreligiosità e l’empietà.

«All’ombra della pianura. Epitaffi ed elegie daune»: il titolo del nuovo volume di Bellino, sempre con introduzione di Nigro, pubblicato da Delta 3 di Grottaminarda (pp. 96 € 10,00, dicembre 2022), azienda ’sbocciata’ dall’intraprendenza del prof. Silvio Sallicandro che nel 1995 varò l’impresa editoriale.

Scrive oggi Raffaele per questa nuova opera di Francesco «Il mondo contadino della Capitanata era allora al centro della sua ispirazione, insieme agli affetti familiari e all’elogio della semplicità. E tale si ripresenta in questa raccolta, dove fanno irruzione nomi e temi di quella filosofia dell’umano che Bellino ha perseguito nel suo sistema di pensiero, accostandosi a Wittgenstein, Popper, Gadamer, ai grandi temi posti dalla filosofia dell’umanesimo integrale, Maritain, e del personalismo comunitario, Mounier» e va precisato che all’inizio, quando parla del mondo contadino cui traeva ispirazione Bellino, si riferisce ad un volume pubblicato nel 1975 a Orta Nova dal titolo «Lembi di sodaglia» (Tip. Papagno).

I versi di questo lavoro di Bellino hanno per tema la morte: quella che faceva dire a Carducci «Sol nel passato il bello, sol nella morte il vero», a Petrarca «Un bel morire tutta la vita onora» e a Seneca «Nessuno muore prima della sua ora», mentre Bellino «Non calpestare questi fiori: vivono di sole / di aria / di pioggia / di terra. / Nella terra / c’è la polvere dei nostri padri».

Il poeta Bellino non dimentica mai coloro che sono morti e, quindi, hanno avuto sepoltura nel Tavoliere della Daunia: la terra dei cinque Reali Siti, quella ’campagna’ che ha suggerito ad Annito di Pietro l’idea per realizzare un ambizioso sogno: fondare un periodico dal titolo «Lo Sguardo sui 5 Reali Siti».

Se prendiamo un vocabolario alla parola elegia riporta: componimento poetico di vario argomento di tono malinconico. Ma chi ha frequentato il mondo ’classico’ in ’illo tempore’ ha appreso che può derivare da èlegos e propriamente da e e lèghe (canta ahi ahi), ma può anche essere un vocabolo di origine frigia; inoltre proprio dalla parola èlegos (lamento funebre) è scaturito eleghèion (elegiaco) per indicare il secondo verso del distico elegiaco (pentametro).

Bellino nei suoi sofferti versi si chiede dove possa trovarsi Dauno (Figlio di Licaone, re illirico, che con i fratelli Iapige e Peucezio conquistò la Puglia, suddividendola in tre regni: uno per ogni fratello.

Virgilio, inoltre, ci ricorda che ha generato Turno) ed anche Diomede (eroe della mitologia greca che richiederebbe due articoli per ricordare le tante imprese che lo hanno visto protagonista: a noi basta riferire che una violenta tempesta lo fece approdare sulle coste della Daunia, dove trovò il tempo di fondare alcune città: Virgilio nella sua Eneide lo descrive come un sovrano pacifico che tiene al benessere dei suoi popoli) per poi concedersi una ‘riflessione’ solo in apparenza tetra: «Romanzo della vita / è il cimitero / la malinconia è la tua anima / l’elegia il suo canto. / Qui il tempo si spegne. / Fiorisce l’eterno».

Spero che Francesco, alla cui amicizia tengo da sempre, non si offenda se la conclusione di questi versi mi ha fatto pensare ad una frase del film “Il gladiatore”, pellicola che non ho visto come tutti i film che ricevono molti premi, ma che ho letto da qualche parte viene pronunciata dal protagonista del film “Fratelli ciò che facciamo in vita, riecheggerà nell’eternità”.

Bellino nelle ’ELEGIE DAUNE’ riporta pensieri forbiti di Sofocle, Eraclito, Leopardi, Borges, Dàvila e Matteo Salvatore «Laggiù nella pianura, nel nostro Tavoliere, nell’onda delle messe vedo spigare te». Ho citato quest’ultimo perché nel 1969 avrei potuto intervistarlo sul Gargano dove lui doveva partecipare ad una serata musicale: non fu possibile per una serie di non fortunate coincidenze, ma ricordo che il suo volto esprimeva non rassegnazione ma rabbia mentre consumava pane e olive.

Dovendolo legare il personaggio Salvatore a dei versi scelgo: «Tutti i sapori della Pianura / passano / attraverso l’aspro gusto / dei chicchi di grano duro, / del raspo d’uva, / delle olive nere tra i denti».

Il professore ordinario di Filoso?fia morale all’Università di Bari Francesco Bellino è, pur sempre, colui che ha diretto e fondato nella stessa Università il Dipartimento di Bioetica, ma conserva l’entusiasmo e la semplicità di quel gruppo di poeti (Bellino, Bizzarro, Giancane e Nigro…in ordine alfabetico) che diede vita al gruppo denominato “Interventi culturali’.

«In questa enorme cassaforte ho trovato un brogliaccio di carte con la scritta «All’ombra della pianura. Epitaffi ed elegie daunie». Non so dirti, caro lettore, se sono trascrizioni di testi trovati e/o sue creazioni.

Non ho osato intromettermi nell’opera altrui» queste sono le parole con cui nella prefazione Bellino ci racconta dello storico del Tavoliere e non posso far altro che precisare a coloro che fossero interessati a vedere se in fondo all’oscurità-eternità ci possa essere, con la polvere, una luce speciale… che sarebbe cosa buona e giusta entrare in possesso della copia del libro per fare un viaggio di quelli che non può essere consigliato a tutti, ma che tutti, prima o poi, dobbiamo intraprendere.

Su pressione del direttore di questo giornale chiarisco che il termine epitaffio (dal greco “epì-” sopra e “-tàfos” tomba) ha un primo significato di discorso funebre in cui vengono esaltate le qualità del defunto tipo quelle che Pericle e Demostene pronunciarono per coloro che erano morti nella battaglia di Cheronea, ma più rispondente a noi, forse, è epitàfion (iscrizione sulla tomba) in cui veniva commemorato colui che aveva perso la vita anche con versi, ma di solito, dopo il nome e luogo di nascita, vi erano notizie sul lavoro svolto in vita e le cause della morte e magari alcune esortazioni per i vivi affinché non dimenticassero («Qui riposa / donna Luigietta. / Non seppe più nulla / dei figli emigrati in Argentina. / Di neri i capelli si fecero bianchi / e impazzì»).

Penso che l’elegia numero 62 (l’età che avrei desiderato avere io oggi!) sia quella che ha più scavato nella mia anima una volta ’contestatrice’: «Viviamo tra l’assurdo e il mistero / L’amore di Dio / è più forte della morte».

A Francesco Bellino da Orta Nova, comune sito a 69 m s.m. con una prospera economia basata sull’agricoltura, non posso esimermi dal ricordare che per ordine di S. M. Federico IV, nel 1773, furono istituite le colonie di Orta, Ordona, Carapelle, Stornarella e Stornara: i Cinque Reali Siti.

Nel 1806, con decreto di Giuseppe Napoleone I, Orta Nova divenne comune autonomo del Tavoliere. Difficilmente una pianura è priva di acqua, altrimenti sarebbe un deserto: nella Daunia il deserto non si trova da nessuna parte, perché la vita errante o migrante ha abituato gli abitanti a gioire delle piccole cose… siano elegie, epitaffi o semplice polvere.

 

Politica, Il 25 Aprile a Orta Nova

A cura di Annito di Pietro.

Il Presidente della Repubblica ha affermato che il 25 aprile è l’omaggio a chi ha lottato per l’indipendenza e la libertà. Casini, ex-presidente della Camera, ha detto che sia una festa di tutti senza ambiguità. Berlusconi che è un’occasione per superare le divisioni. Tutte frasi che inducono gli italiani a riflettere e a meditare.

Ci troviamo in uno Stato che gode di una democrazia compiuta, dove ognuno può esprimere liberamente il proprio pensiero e le proprie idee, che sia di destra o di sinistra, per costruire un mondo migliore e vivibile.

A Orta Nova, come sempre, le amministrazioni comunali, che si sono alternate, hanno sempre celebrato questo giorno, ritenendolo fondamentale per risvegliare il valore patriottico, ricordando tutti coloro che hanno sacrificato la propria vita per garantire a tutti la Pace e la Libertà.

Qualcuno, addetto ai lavori, ha bacchettato e rimproverato la gente ortese per la poca partecipazione a manifestazioni di tal fatta, non considerando che spesso si effettuano in giorni non festivi, in cui la gente lavora. Bisogna altresì ricordare che prima c’era una partecipazione più attiva e massiccia delle associazioni combattentistiche, come l’Associazione Reduci e Combattenti e l’Associazione Nazionale Famiglie Caduti e Dispersi in Guerra.

Erano numerosi con i loro gagliardetti, bandiere e foulard. Oggi questi due emeriti sodalizi non esistono più. Un plauso meritano i rifondatori dell’Associazione Partigiani che, proprio in questi giorni, si sono costituiti. Ho notato la presenza di molti giovani e speriamo che duri. Di sèguito si riporta il discorso del dott. Francesco Grillo, assessore alla Cultura, in sostituzione del Sindaco assente per motivi di lavoro:

“Cari concittadini e concittadine, saluto e ringrazio le associazioni, le istituzioni e tutti coloro che hanno scelto di essere qui oggi. Oggi celebriamo la festa della Liberazione. E a tal proposito lasciatemi ringraziare Saverio Pandiscia, che in questi anni ha portato la memoria all’interno delle nostre piazze.

Quel 25 aprile di 78 anni fa ci fu la liberazione dalla Guerra, da un’occupazione odiosa del nostro Paese, la liberazione dalle persecuzioni razziali e dalla dittatura nazifascista, la liberazione dalla privazione delle libertà fondamentali.

Fu l’inizio di una nuova storia da cui nacque la nostra meravigliosa Costituzione e la Repubblica italiana, libera, democratica e antifascista. È un dovere ricordare quelle donne e quegli uomini che hanno lottato per la libertà, per la democrazia, per la dignità e per il rispetto dei diritti della persona, e lo hanno fatto uniti, coesi, solidali e partecipi.

La Resistenza rappresenta uno dei momenti più alti e nobili della nostra storia: con la Resistenza gli italiani hanno saputo riscattare la vergogna e il disonore che il fascismo aveva gettato sull’Italia, mostrando alle altre nazioni il volto civile e umano del nostro Paese.

Non dobbiamo dimenticare che la Liberazione è stata anche il risultato della lotta di tanti popoli e nazioni diverse. La cacciata dei nazifascisti è avvenuta grazie al sacrificio di migliaia di giovani provenienti da tutto il mondo. Quella battaglia comune per sconfiggere il terrore fascista è stata un esempio di unità e solidarietà tra nazioni che oggi, in un’epoca di tensioni crescenti, deve essere riscoperta e valorizzata.

Siamo solidali con tutte le popolazioni che lottano contro i propri oppressori. Il 25 aprile, soprattutto, ci insegna ad essere partigiani: a schierarci, ad agire, ad essere protagonisti del cambiamento. Il 25 aprile ha ancora più senso se trasformiamo le conquiste di allora in spinta verso una società migliore; se intraprendiamo una direzione di marcia verso un futuro di dignità e di libertà per i nostri figli, come fecero i partigiani.

Le parole d’ordine sono sempre le stesse: democrazia, libertà, diritti, giustizia ed equità. Sono valori che dobbiamo declinare e interpretare nella prospettiva di oggi. Pensiamo alla giustizia, che in un mondo sempre più diseguale, deve essere innanzitutto giustizia sociale: l’obiettivo deve essere una società più equa, dove tutti hanno davvero pari opportunità.

Pensiamo ai diritti, come quello di poter essere finalmente se stessi, ciascuno con le proprie inclinazioni e le proprie aspirazioni individuali. Pensiamo al diritto fondamentale di poter vivere in un ambiente sano, a misura di essere umano.

In ultimo, un pensiero va ai giovani: non perdiamo la speranza, ci aspetta un momento di ricostruzione in cui proprio il nostro apporto diventa necessario. Un apporto di idee, di energia, di fantasia, di spirito di fratellanza, di libertà per tutelare il diritto allo studio, il diritto al lavoro, per investire sulla ricerca, sull’innovazione, sulla competenza, sulla sanità, sui diritti civili, sull’equità, senza mai dimenticare chi resta indietro.

Cerchiamo di essere testimoni contro l’indifferenza, contro la violenza e contro ogni forma di discriminazione. Cerchiamo di essere parte attiva della nostra comunità; cerchiamo di essere sentinelle della nostra democrazia e della nostra Costituzione che è, e rimarrà, antifascista. Checché ne dica qualcuno.

Buon 25 aprile a tutti e tutte.

5 Reali Siti, La Storia di Orta Nova tra ‘700 e ‘900

A cura di Lucia Lopriore.

Il Palazzo Di Leo – Battaglini, ubicato in P.zza P. Nenni n. 15, fu fatto edificare da Leonardoantonio Di Leo verso la metà dell’ottocento su caseggiati sottani ereditati dalla madre Maria D’Addabbo. Della famiglia non si sono avute molte notizie, né si conosce il luogo di provenienza.

Verso la fine dell’ottocento, una parte del palazzo fu ceduta al negoziante privilegiato Domenico Battaglini di Ordona, che si era trasferito ad Orta per esercitare la sua attività. Questi sposò Diomira Di Dedda dalla quale ebbe molti figli e tra questi, Luigi divenne farmacista.

Costui, il 21 maggio 1876, sposò Celeste Vallario figlia di Antonio, dal suo matrimonio nacquero otto figli e molti furono stimati professionisti. Il palazzo, dopo il decesso di Luigi, passò per successione ereditaria al figlio Domenico, che era diventato medico. Questi lo abitò con la famiglia e più tardi, acquistò dagli eredi Di Leo anche l’altra parte del palazzo ristrutturandola e rendendola rispondente alle esigenze della famiglia.

Quella di Domenico non fu una vita facile, poiché uno dei suoi figli, Luigi era stato colpito da un male che lo aveva costretto a vivere paraplegico, ma ciò non aveva impedito a quest’ultimo di aiutare quelli che soffrivano come lui. Luigi fondò l’U.A.L., e con le sue opere divenne per tutti un esempio da seguire, visse per gli altri e tra le tante difficoltà riuscì ad infondere coraggio ai bisognosi.

Oggi la casa da lui fondata opera attivamente in ogni parte d’Italia. Il palazzo, dopo la morte di Domenico, fu ereditato dai suoi figli, poi passò alla figlia minore, Concettina che sposò l’avv. Alfonso Spinelli. Attualmente la casa è ancora proprietà della famiglia.

L’Unitre dei 5 Reali Siti incontra Quella di Andria presso Ordona

A cura di Annito di Pietro.

Alle porte di Ordona sorgeva l’antica città di Herdonia, le cui prime tracce di occupazione risalgono al Neolitico (VI-V millennio a.C.). Il villaggio fu uno dei principali luoghi di produzione della ceramica geometrica dauna.

Herdonia divenne municipio romano, assumendo l’architettura tipica del foro con la basilica civile, l’anfiteatro, il mercato (macellum), le terme, le botteghe (tabernae) e i numerosi magazzini adibiti alla conservazione del grano. La città conobbe la sua massima fase di sviluppo e prosperità in età imperiale, grazie alla costruzione della via Traiana (che soppiantò la via Minucia) e della successiva via Herdonitana.

L’abbandono del villaggio è attestato durante il XV secolo circa. Solo tra il XVII e XVIII si sviluppò grazie alla presenza e al lavoro dei Gesuiti, entrando poi a far parte dei Cinque Reali Siti. Solo nel 1962, Joseph Mertens riscoprì il villaggio perduto.

È proprio qui, a Ordona, in questa atmosfera suggestiva, che si è svolto, il primo aprile, l’incontro tra i membri dell’UNITRE dei Reali Siti e quelli dell’UNITRE di Andria. L’iniziativa è stata pensata e organizzata dal presidente Annito Di Pietro in collaborazione con la presidente dell’Unitre di Andria, la professoressa Maria Rosaria Inversi.

Tutto è iniziato con l’accoglienza, presso il Municipio di Ordona, degli amici di Andria, intorno alle ore 15:00, seguita da un interessante e proficuo confronto circa programmi e obiettivi delle due associazioni. In sèguito tutti i convitati hanno raggiunto la Parrocchia di San Leone, dove attendeva il parroco don Silvio Pellegrino, persona squisita che ha accolto gli ospiti con il sorriso e con estrema cordialità.

Alle ore 15:30 è iniziata la Via Crucis, al termine della quale il parroco ha benedetto il pane azimo e offerto le palme ai presenti. La Santa Messa è stata cantata dalla corale dell’Unitre dei Cinque Reali Siti, la cui esibizione ha riscontrato un grande successo, meritando applausi e congratulazioni dagli astanti.

All’uscita dalla Chiesa, c’era la sindaca di Ordona, l’avvocata Adalgisa Latorre, che ha invitato gli ospiti a seguirla per un’uscita panoramica, durante la quale ha annunciato che l’antico palazzo Formoso, ora ristrutturato, sarà la sede della Cultura, di mostre, incontri e rassegne artistiche in generale. Si è proseguito visitando il nuovo Comune con la sua bella piazza.

Gli ospiti hanno apprezzato e ammirato il paese, sorpresi dalla gentilezza e della disponibilità della sindaca. Successivamente si è giunti al Museo Civico, dove attendevano due guide, che hanno saputo illustrare con chiarezza il percorso proposto dalla visita museale.

Tra le associazioni e la sindaca ci sono stati scambi di doni e guidoncini, con ringraziamenti sinceri. In sèguito l’amministrazione comunale ha offerto un ricco buffet, con gioia e consolazione dei presenti. Si è trattato di un pomeriggio all’insegna della Cultura e dello scambio, del dialogo e della convivialità, in cui è stato bello constatare la partecipazione attiva di tutti i presenti.

Serate come queste favoriscono la conoscenza del nostro territorio e, in questo caso, di una cittadina, Ordona, che si avvia a percorrere temi culturali di grande interesse. Solo organizzando eventi come questo, è possibile creare legami tra le cittadine del nostro territorio affinché lavorino in sinergia per una vera rinascita culturale dei Reali Siti.

È necessario fare un’ultima riflessione sulla Corale dell’Unitre dei 5 Reali Siti: dopo poco più di un anno, il progetto va delineandosi sempre meglio, avviandosi verso una sua completa e più stabile organizzazione. Si stanno raccogliendo già i primi frutti, evidenti da applausi e riconoscimenti avuti nel corso del tempo.

Tutto ciò è chiaramente merito dei maestri che guidano il progetto, Adriana Torraco e Loredana Maffei, con la collaborazione di Franco Sebastiani. Auguriamoci che tutto questo continui nel tempo.

Unitré 5 Reali Siti, Autentico Patrimonio di Cultura e Accademia di Umanità

A cura della dr.ssa Rina di Giorgio Cavaliere.

Numerosi anni di lavoro stanno dietro le spalle della vita della nostra Sede Unitré, che ormai si è collocata con puntualità di servizio all’interno della società civile e della comunità ecclesiale. Ricordo brevemente che nel 2000 ho accettato l’incarico di Presidente dell’Unitré di Foggia e nel 2007 ho accompagnato la nascita della sezione di Orta Nova, divenuta nel 2010 sede Unitré “Unione dei 5 Reali Siti” da me presieduta sino a fine mandato del 2021.

Da responsabile ho dovuto affrontare decisioni difficili, che richiedevano molteplici competenze, sempre coadiuvata dal vicepresidente Annito Di Pietro (oggi con l’incarico di Presidente) e da altri validi componenti il Direttivo, avvicendatisi nel corso degli anni a beneficio dell’equilibrato rapporto interpersonale e della conseguente organizzazione.

Proprio la rivisitazione dei tanti progetti attuati nel tempo rievoca gli appuntamenti realizzati, i problemi individuati, le soluzioni proposte, le difficoltà approfondite, in più offre anche l’opportunità del giudizio autocritico.

Quest’anno segna un piccolo giro di boa nella storia della sede entrata nel RUNTS (Registro Nazionale del Terzo Settore) e, di conseguenza, apre all’insegna della volontà di una presenza ancor più operosa sull’orizzonte ampio e articolato della realtà territoriale.

Sin dagli anni ’70 le Università della Terza Età e successivamente l’Unitré hanno perseguito due importanti obiettivi che rappresentano un grande patrimonio, motore di sviluppo individuale e del territorio: quello della cultura, prerogativa dei docenti e quello dell’Accademia di umanità, prerogativa degli studenti.

Questi ultimi non utenti passivi, ma associati partecipano alla vita attiva della loro sede attraverso la frequenza ai corsi, l’interesse al sociale e al territorio. Lo Stato italiano, accogliendo il concetto di formazione lungo tutto l’arco della vita, con le direttive dell’Unione europea, che ha proclamato il 2012 anno dell’invecchiamento attivo e della solidarietà delle generazioni, favorisce la formazione culturale permanente e continua, riconoscendo alle Università della Terza Età un ruolo strategico all’interno delle politiche sociali.

L’educazione permanente è uno dei tratti più sperabili del futuro socio pedagogico dal quale siamo attesi e l’Unitré rappresenta una caratteristica dilatazione del principio dell’apprendimento come potenzialità continua della personalità.

Per crescere e maturare nella personalità abbiamo bisogno di “spazio”, di prendere contatto con la natura, gli oggetti, le persone. Esiste uno spazio formato dalla famiglia e dalla casa (spazio privato). Esiste inoltre uno spazio nel quale l’uso dei beni che vi si trovano è regolato da leggi da rispettare (spazio di relazione), ci mette a contatto con altre persone e con ogni genere di beni materiali.

Il processo di trasformazione attuato in questi anni ha soprattutto ampliato e arricchito gli spazi di partecipazione alla vita sociale, ma, nel contempo, gli stessi sono puntualmente documentati dalla solitudine dell’uomo nella società del benessere e dal distacco fra le generazioni.

L’Unitré affronta il problema della comunicazione intergenerazionale ed è un progetto di vita che dona, in particolare alla terza età, la gioia di ritornare ad essere protagonista. Nel suo logo la “U” stilizzata e la cifra romana “III” accanto alla lettera “E” stanno a significare Universalità, Umanità, Umiltà e Unione di Tre Età.

Il convegno di domenica 16 aprile, presso la Casa di accoglienza “Oasi di Betania” nel territorio di Lucera, nasce dal desiderio di un colloquio aggiornato, dalla volontà di un servizio che documenti con agilità e ampiezza la speranza di acquisire insieme più costruttivi orientamenti.

Secondo consuetudine, il programma è rimasto inalterato: alle ore 9 l’accoglienza, alle 9,30 il saluto del presidente Annito Di Pietro e quello del sacerdote don Giovanni Mace. Nella relazione introduttiva ai lavori mi sono soffermata sulle prerogative, la filosofia e le finalità dell’educare, formare, informare, fare prevenzione nell’ottica di un’educazione permanente, ricorrente, rinnovata e di un invecchiamento attivo.

Inoltre, come promuovere la ricerca, aprirsi al sociale e al territorio, operare un confronto e una sintesitra le culture delle precedenti generazioni e quella attuale al fine di realizzare un’Accademia di umanità che evidenzi l’essere oltre che il sapere.

Gli interventi organizzativi dei presidenti di Lucera, Giuseppe Lembo, di Andria, Maria Rosaria Inversi, di Sannicandro G., Rosa Ricciotti, degli insegnanti e studenti, nella loro qualità innovativa, hanno sottolineato l’importanza della frequenza all’Unitré, che rigenera le relazioni, promuove condivisione e mutualità.

Alle ore 12,30 il folto gruppo dei presenti ha partecipato alla S. Messa, celebrata da don Giovanni Mace, accompagnata dal coro “Unitré dei 5 Reali Siti” diretto da Loredana Maffei e Adriana Torraco. L’incontro conviviale del pranzo è avvenuto in un clima di serena armonia e amicizia.

Alle ore 16,00 si è svolto il concerto della Corale e di seguito il ballo di gruppo e ginnastica presentato dall’insegnante Antonella Cassanelli. La toccante declamazione di poesie da parte di Adelina Tarantino, Annito Di Pietro, Ripalta Guerrieri e Savino Luce ha portato a felice compimento la giornata.

Pres. Annito di Pietro, L’Associazionismo dei 5 Reali Siti

A cura del Pres. Annito di Pietro.

L’argomento cultura è stato più volte trattato dal sottoscritto e affrontarlo continua a essere molto arduo. La cultura di un popolo, si sa, è l’insieme delle sue tradizioni, del sapere scientifico, letterario e storico. Raccontare, descrivere e fare l’analisi in questo campo è avventuroso e difficile, soprattutto per il nostro territorio.

Cercherò nel modo migliore di consegnare alla stampa le mie riflessioni a riguardo. Un noto ministro della Repubblica Italiana pronunciò una frase rimasta famosa a tutti noi: “Con la cultura non si mangia”. Probabilmente è vero. Prima di tutto bisogna dire che il nostro è un paese relativamente giovane.

Per delineare la sua identità storica, per scoprirne le radici e le caratteristiche che ne hanno segnato lo sviluppo sociale e culturale dobbiamo partire dall’inizio del XVII secolo, quando il vasto territorio di Orta fu acquistato dai Gesuiti che edificarono il convento e la Chiesa di S. Maria delle Grazie con attorno il primo nucleo di abitanti.

Se vogliamo, però, datare con più precisione la nascita di Orta, dobbiamo risalire al 1769, quando i Gesuiti vennero espulsi dal Regno di Napoli e i lori possedimenti annessi al patrimonio della Corona. Pochi anni dopo, nel 1774, sul consiglio del ministro Bernardo Tanucci, il re Ferdinando IV vi insediò cinque colonie: Orta, Stornara, Stornarella, Ordona e Carapelle, i cosiddetti Cinque Reali Siti.

Quattrocentodieci braccianti nullatenenti (dei quali centocinque destinati a Orta), provenienti da una ventina di comuni del Nord barese nonché dell’Appennino Dauno, del Gargano, degli Abruzzi, e dell’Irpinia, andarono a popolare questi nuovi centri. Si tratta di popolazioni con culture diverse che hanno influenzato e dato vita al dialetto ortese, a tradizioni e a modi di comportarsi.

Possiamo definire Orta un paese interclassista, interculturale, accogliente e ospitale. Tutto questo continua tutt’ora con l’immigrazione che si contrappone a una continua emigrazione verso il Nord Italia e l’estero per ragioni di lavoro. Il 14 giugno 1806 Giuseppe Bonaparte innalzava Orta a rango di Comune.

Negli anni cinquanta e sessanta del Novecento la frenesia del nuovo condusse le varie amministrazioni comunali e le varie autorità, anche ecclesiastiche, a trasformare l’architettura dell’antica Orta, demolendo la suggestiva chiesa gesuitica, il vecchio municipio, il vecchio carcere, il vecchio borgo con la relativa piazzetta che si raggiungeva attraversando un arco storico di epoca romantica su cui si ergeva un antico palazzo.

Alla luce dei fatti possiamo affermare che, mi dispiace dirlo, è mancato l’amore e il rispetto per ciò che i nostri avi ci avevano tramandato. Per non parlare, poi, delle nostre tradizioni religiose che sono state assai ridotte, se non addirittura cancellate. Tutto questo ha modificato e falsato il nostro modo di essere, la nostra cultura.

Ad ogni modo, a tutte queste negatività si contrappone la presenza di molte associazioni culturali che rappresentano il fiore all’occhiello della nostra città: l’associazione “Studi Storici dei Cinque Reali Siti”, quella de “L’Ortese”, “l’Unitre”, la “Pro Loco”, il circolo “Agorà”. Queste associazioni svolgono attività meritorie tanto da ricevere gratiticazioni e riconoscimenti da parte delle autorità locali.

Una delle più antiche, e forse la prima, è l’associazione culturale “Studi Storici dei Cinque Reali Siti”, nata intorno agli anni sessanta del Novecento e attualmente presieduta dalla sig.ra Antonietta De Leo. Bisogna ricordare, inoltre, la figura di Michele Fabbiano, venuto a mancare recentemente, che con il suo impegno ha dato lustro e vigore all’associazione con la formazione di una discreta biblioteca di libri antichi e oggetti vari.

L’associazione della “Pro Loco” si va distinguendo negli anni e, con alterna fortuna, presenta varie iniziative come il carnevale dei bambini e il falò dell’Immacolata, seguite con entusiasmo dalla popolazione ortese e in particolar modo dai bambini. Le attività parrocchiali non sono da meno e, in vari modi, contribuiscono all’arricchimento culturale dei propri parrocchiani. Don Ignazio Pedone, ex-parroco del SS. Crocifisso, con la collaborazione di molti giovani, ha dato vita durante la Settimana Santa a riti sacri, culminanti a sera con la rappresentazione teatrale “la Passione di Cristo”.

Il coinvolgimento della popolazione è sempre stata grande perché la messa in scena si svolge per le vie del paese. Anche la parrocchia di BVM Addolorata può vantare grandi eventi come la tradizionale festa patronale in onore di Sant’Antonio da Padova e la festa di tutti i santi, con l’annessa commemorazione dei defunti.

Ed ora mi sia concesso di parlare di due associazioni: l’associazione culturale “L’Ortese” e “l’Unitre dei 5 Reali Siti”. La prima nasce a Orta Nova nel 2003 per volere di un gruppo di professionisti che intendono raggiungere obiettivi culturali mediante incontri, presentazione di libri, dibattiti, mostre che mettano in vetrina gli ortesi e i loro meriti, ai più sconosciuti. La “Settimana della Cultura” è un evento in cui vengono presentate opere artistiche

(dipinti, sculture, fotogra?e) e letterarie. La suddetta associazione ha inoltre istituito un riconoscimento, “L’Ortese nel mondo”, denominato poi “Premio Carolina Pugliese” ora “Il Seminatore”, tramite cui si premiano le eccellenze dei Reali Siti, sparse nel mondo. Un soddisfacente successo ha riscosso, e continua a farlo, il periodico “Lo Sguardo sui Reali Siti” dove vengono riportati avvenimenti culturali e notizie di rilievo, racconti e curiosità sul nostro territorio.

Il progresso in campo scientifico e medico dona all’umanità una vita media allungata che potrebbe trasformarsi in un sentiero di solitudine, d’emarginazione e di non autosufficienza ma grazie alle iniziative dell’Unitre può essere vissuta in serenità: attraverso i frequenti incontri si generano relazioni, condivisioni di pensiero e punti di vista, oltre che di arricchimento culturale. In poche parole, come spesse volte è stato detto “L’Unitre insegna l’arte di invecchiare bene”.

Tutto questo è a difesa della reputazione del cittadino ortese, persona dignitosa, pacifica, accogliente, rispettosa e laboriosa contrariamente a quanto la carta stampata racconta. Un pensiero e qualche riflessione meritano le associazioni combattenti, come l’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia), l’ANCR (Associazione Nazionale Combattenti e Reduci) e l’A.N.F.C.D.G. (Associazione Nazionale Famiglie Caduti e Dispersi in Guerra).

In queste associazioni, con il passare degli anni, sono venuti meno i soci, portando queste realtà quasi alla scomparsa e la cosa risulta tangibile se si pensa all’assenza dei cittadini durante le manifestazioni e le ricorrenze a livello nazionale. Pertanto, prendo spunto da queste ri?essioni per invitare i figli, i nipoti, i pronipoti e i simpatizzanti ad autoconvocarsi e a far rinascere tali associazioni.

La mia rivista “Lo Sguardo” racconta la storia di tanti eroi ortesi, morti per difendere la Patria, allo scopo di creare attrazioni, convegni e iniziative per risvegliare l’amor patrio. Quando progetto iniziative di tal fatta, penso sempre ai più giovani, perché loro sono il futuro. I nostri eroi, i nostri fratelli caduti per la Patria, aspettano un risveglio dei cittadini ortesi per ricordarli e soprattutto non dimenticarli.

Con questa mia riflessione certo non voglio cancellare o omettere i pubblici fatti di cronaca avvenuti negli ultimi anni, ma è bene mostrare e parlare anche di un altro volto di Orta Nova, terra generosa, ricca di frutta, ortaggi, frumento e uva, nonché di tanti uomini, donne e giovani che rappresentano il fiore all’occhiello del nostro territorio. Tutto questo è fonte viva che dà e semina cultura per la nostra gente.