A cura di Valeria Pagone.
Ormai, come nei nostri peggiori incubi, le macchine hanno quasi del tutto preso il posto dell’uomo nell’era moderna. L’automazione in molti settori lavorativi ha fatto sì che l’intervento dell’uomo fosse relegato, appunto ad un mero compito di controllo e supervisione; l’uso improprio degli smartphone provoca una sovraesposizione ad onde malsane per la salute, senza calcolare i danni ingenti che causa alle nostre menti.
Gli adulti pare riescano ancora a tenere sotto controllo l’uso dei telefonini ma i ragazzi e bambini sono sempre più assuefatti da tali tecnologie da non riuscire davvero più a farne a meno, situazione aggravata dall’eccessivo lassismo dei genitori nel relegare ai telefoni il compito di tenere impegnati i propri gli nel tempo libero.
Risulta invece molto utile l’uso sempre maggiore dei macchinari tecnologici in campo medico, superuo aggiungere che tali applicazioni servano a permettere che aumenti in modo esponenziale la qualità della vita di
ognuno di noi.
C’è poi la questione economica ed etica da tener presente, nella sempre crescente rincorsa delle varie nazioni verso il progresso tecnologico a tutti i costi, infatti si contrappongono due teorie, una secondo la quale un tale progresso diminuirebbe la povertà favorendo lo sviluppo economico, mentre la teoria opposta evidenzia come ovviamente a venire in possesso di tecnologie avanzate sarebbero solo una fetta più abbiente della popolazione, favorendo così invece maggiori disuguaglainze.
Nell’àmbito lavorativo, come sopra evidenziato, il progresso tecnologico favorirebbe la disoccupazione e di rimando lo stallo economico e dei consumi. Potrebbe sembrare di accorpare troppe argomentazioni, che prese singolarmente avrebbero il diritto di essere sviscerate per bene, c’è un comune denominatore in tutto ciò ed è appunto il progresso sempre crescente e smisurato che a volte non ci trova ancora del tutto pronti per accettare tali tecnologie, facendone quindi un uso improprio.
Sembra di trovarci in uno di quei film di fantascienza degli anni ’80 in cui le innumerevoli innovazione tecnologiche la facevano da padrone. Ora che invece la realtà ha di gran lunga superato l’immaginazione ci si trova davvero come in quelle scene apocalittiche in cui i robot cercavano di conquistare il mondo ma l’uomo con il suo discernimento, quello che lo diversicava dalle macchine, riusciva sempre, seppur per un soffio, ad averla vinta; solo che nei film c’erano attori pronti a recitare la propria parte al meglio, ora a rimetterci molto è l’intera umanità che invece troppo spesso permette alle macchine di comandare sulla propria vita, quella che non si può in alcun modo scambiare o confondere con il freddo calcolo di circuiti e di chip utilizzati.
Nell’era in cui le macchine decidono per noi, sapranno le generazioni future porre un limite a tale situazione? Per
concludere vi lascio con una citazione di Umberto Eco che trova ad attendere i nostri piccoli all’ingresso dell’aula
d’informatica alla scuola primaria, frase che trovo decisamente molto signicativa in proposito e che ci invita a riflettere a fondo: “Il computer è una macchina stupida che funziona solo nelle mani delle persone intelligenti.”